Patrimonio culturale: Bard, Donnas, Hône, Pontboset, Pont-Saint-Martin, ** Valle d'Aosta **

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Il ''patois''

Tradizioni  - 

Su tutto il territorio della Valle d’Aosta gli abitanti parlano abitualmente il “patois”, un dialetto francoprovenzale. Esso presenta terminologie e cadenze che variano da Comune a Comune in conseguenza delle influenze francesi, vallesane, walser e piemontesi subite nel corso dei secoli. Il vocalismo della parlata è di tipo provenzale ed il consonantismo è di tipo francese. Le affinità maggiori sono riscontrabili nei dialetti
parlati nelle regioni francesi della Savoia e della Provenza, e nella Svizzera Romanda. Verrès è l’unico dei Comuni in cui non si parla il patois, ma per i suoi contatti con il vicino Canavese, gli abitanti parlano tra di loro il dialetto piemontese. Da alcuni decenni si cerca di mantenere vivo e valorizzare il patois.

Case monumentali del Borgo medievale di Bard

Architettura  -  Bard

Il borgo di Bard sorse come tipico insediamento di attraversamento, con le abitazioni allineate lungo i lati dell’antica via consolare delle Gallie di epoca romana. Luogo di sosta e di pagamento di pedaggi, l’abitato mantenne la sua importanza anche durante il Medioevo, trovandosi sulla direttrice che da Canterbury conduceva a Roma: la Via Francigena.

Sulla strada fra Bard e Donnas si trovano i ruderi di una struttura assistenziale dedicata ai pellegrini. Si tratta della cappella di Saint-Jean-de-la-Pierre fondata verso il 1150 insieme all’annesso ospizio, dai cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, il cui statuto prevedeva l’obbligo di fornire vitto e alloggio ai viandanti che percorrevano la via consolare.
Vestigia romane dell’antica Via Consolare si trovano lungo il sentiero lastricato che congiunge Bard a Donnas. In una saletta del bar situato di fronte al ponte medievale è visibile un’arcata a tutto sesto di un piccolo ponte di epoca romana.

Nel borgo medievale numerosi sono gli edifici risalenti ai secoli XIII-XVI ed oltre venti costruzioni sono state classificate come “case monumentali”. Le loro facciate presentano infatti notevoli elementi di valore storico e architettonico.

  • Casa Challant - Mostra dettagli architettonici e decorativi simili a quelli del castello di Issogne. Costruita verso la fine del XV secolo, fu abitata dal Conte Filiberto di Challant, castellano di Bard tra il 1487 e il 1517. E’ caratterizzata da finestre a chiglia rovesciata e da altre a crociera.
  • Casa Valperga - Risalente al XVI secolo, presenta alcune interessanti finestre a crociera e resti di decorazione pittorica. Al centro si trova una finestra a bifora e porzioni di affreschi che rappresentano antichi stemmi nobiliari, fra i quali quello della famiglia Valperga.
  • Casa Nicole - Costruita in parte al di sopra della porta occidentale di accesso al borgo di Bard, il palazzo conserva, sulla facciata, i segni dei proiettili sparati durante l’assedio al forte di Bard da parte dell’esercito di Napoleone nel maggio del 1800. Il Palazzo forma una torre alla cui sommità vi è la finestra quadrilobata della cappella; quest’ultima fu affrescata nel 1758 dal pittore Giovanni Antonio di Biella.

Da segnalare anche la Casa del Vescovo, la Casa Urbano, che comprende un antico mulino, la Casa Ciuca che conserva un antico “viret” (scala a chiocciola in pietra) e la Casa della Meridiana.
La fontana al centro del borgo, costruita nel 1598 è affiancata da una singolare colonna in pietra alta 170 cm sulla cui sommità è scolpita una testa umana denominata “Il Mascherone”.

Nel borgo sono ancora visibili i resti di un vecchio torchio, rimasto in funzione fino al 1940.

Forte di Bard

Castelli e torri  -  Bard

Già agli inizi del VI secolo d.C. esisteva a Bard una guarnigione composta da sessanta armati che difendevano le cosiddette “Clausuræ Augustanæ”, il sistema difensivo costituito per proteggere i confini dell’Impero.
Nel 1034 tale sistema fu definito “inexpugnabile oppidum”, ed è questo uno dei più antichi riferimenti ad un castello in Valle d’Aosta.
Nel 1242 entrarono in possesso della signoria di Bard i Savoia, con Amedeo IV, spinti dalle insistenze degli abitanti della zona, stanchi dei soprusi di Ugo di Bard che, forte della posizione del suo castello, imponeva pesanti balzelli a viaggiatori e mercanti. Da quel momento, il castello dipenderà sempre dai Savoia, che vi instaureranno una guarnigione: nel 1661 vengono persino concentrate a Bard le armi provenienti dalle altre fortificazioni valdostane, tra cui Verrès e Montjovet.

Il castello diventerà protagonista poi in occasione del passaggio dell’esercito francese nel 1704 e soprattutto dell’arrivo di Napoleone Bonaparte che, nel maggio del 1800, troverà asserragliato nel forte un esercito di difesa formato da 400 austriaci. Le strutture difensive del forte erano talmente efficaci che l’armata napoleonica impiegò circa due settimane per superarle, riuscendovi solo con l’astuzia. Il forte venne poi fatto smantellare da Napoleone, per evitare, in futuro, ulteriori problemi.
Quello che vediamo oggi è il rifacimento voluto da Carlo Felice che, in piena Restaurazione, a partire dal 1830 ne fece una delle strutture militari più massicce in Valle d’Aosta. Alla fine dell’800 il forte si avviò al declino, utilizzato come bagno penale prima e come deposito di munizioni poi. Dismesso nel 1975 dal demanio militare, fu acquisito dalla regione Valle d’Aosta nel 1990 e completamente rinnovato nel 2006.

Rimasto pressoché intatto dal momento della sua costruzione, il Forte di Bard rappresenta uno dei migliori esempi di fortezza di sbarramento di primo Ottocento.
La piazzaforte è costituita da tre principali corpi di fabbrica: partendo dal basso si trovano l’Opera Ferdinando, l’edificio mediano, - Opera Vittorio - fino ad arrivare al culmine del rilievo, dove sorge l’Opera Carlo Alberto. Quest’ultima è la più imponente delle tre opere, che racchiude al suo interno il grande cortile quadrangolare della Piazza d’Armi, circondato da un ampio porticato, dove si collocano gli spazi dedicati alle mostre temporanee: all’interno, oltre al Museo delle Alpi, si trovano le Prigioni, che ospitano un percorso tematico multimediale sulla storia del Forte.
Per accedere alla sommità della fortezza è possibile seguire il percorso pedonale che si sviluppa fra possenti muraglioni partendo dall’interessante borgo medievale a lato del parcheggio, oppure servirsi degli ascensori panoramici attraverso cui si può godere di una meravigliosa vista sulla valle circostante.

Il Museo delle Alpi
Collocato al primo piano dell’Opera Carlo Alberto, il Museo delle Alpi è uno spazio interattivo attraverso cui il visitatore può viaggiare alla scoperta del mondo alpino, esplorando con i cinque sensi una montagna vissuta e trasformata dalla mano dell’uomo. Le 29 sale del percorso espositivo sono suddivise in quattro sezioni, che affrontano la montagna dal punto di vista naturalistico, geografico, antropologico e meteorologico, coinvolgendo gli ospiti di tutte le età, grazie alla fusione fra tradizione e nuove tecnologie.

Le Alpi dei ragazzi 
Ospitato all’interno dell’Opera Vittorio, è uno spazio di avvicinamento alla montagna, dedicato a ragazzi e famiglie, propone, all’interno dell’Opera Vittorio, una serie di laboratori scientifici sul tema del cambiamento climatico e sull’impatto che sta avendo sui ghiacciai di tutto il mondo.
Ogni sala permette al visitatore di conoscere le quattro vette più importanti della Valle d’Aosta – Monte Rosa, Monte Cervino, Gran Paradiso e Monte Bianco – e le condizioni delle rispettive aree glaciali attraverso una serie di confronti fotografici. 
Lo spazio accoglie anche l’installazione Ice Memory per raccontare lo stato di salute dei ghiacciai e per coinvolgere i giovani nella comprensione delle dinamiche legate al riscaldamento climatico e per promuovere l’adozione di comportamenti sostenibili.

Le Prigioni
Le anguste celle dove venivano rinchiusi i prigionieri ospitano oggi un itinerario storico che guida il visitatore alla scoperta della storia del sito militare, per secoli strategico luogo di transito. Attraverso filmati, documenti e ricostruzioni 3D di grande impatto, i visitatori possono seguire l’evoluzione architettonica della fortezza e conoscere i personaggi che ne hanno segnato i principali avvenimenti storici dall’anno Mille alla sua ricostruzione nel 1830, sino ad arrivare ai giorni nostri.

Il Ferdinando, Museo delle Fortificazioni e delle Frontiere
Collocato nell’Opera Ferdinando, al primo livello della rocca fortificata, il museo propone un viaggio attraverso l’evoluzione delle tecniche difensive, dei sistemi di assedio e del concetto di frontiera. Ricostruzioni in scala di sezioni murarie di fortificazioni, plastici, filmati e armi autentiche, permettono di osservare l’evoluzione delle fortezze a partire dall’epoca romana fino al Novecento. La sezione dedicata al tema delle frontiere intende far riflettere sul significato di questo termine, in un percorso che trasmette una visione strutturata del Forte di Bard e del contesto storico, sociale, culturale e geopolitico all’interno del quale è inserito nelle diverse epoche storiche.

    (+39) 0125833811
    info@fortedibard.it

Chiesa parrocchiale dell'Assunzione di Maria

Chiese e santuari  -  Bard

La parrocchia di Bard, benché citata già nel 1176, venne di fatto sempre gestita dal parroco di Hône, che vi si recava regolarmente per celebrare la Messa. Tuttavia, visto che sovente il Borgo di Bard veniva chiuso e restava isolato anche a lungo, e che il ponte tra i due paesi talvolta veniva interrotto per le avverse condizioni atmosferiche, nel Settecento gli abitanti chiesero di ottenere una loro parrocchia. Il 24 gennaio 1775 il Vescovo decretò così la nascita della parrocchia di Bard. La chiesa, dedicata all’Assunzione di Maria, risale al 1868 ed è probabilmente il risultato della ricostruzione di una precedente, molto più antica, forse coeva del bel campanile romanico, risalente ai secoli XII-XIII.

    0125803972

Ecomuseo della castagna

Musei  -  Bard

La castagna era l’alimento base della dieta contadina di un tempo, soprattutto nei paesi di media montagna.

Nel villaggio di Albard di Bard, per illustrare la lavorazione di questo prodotto, è stata riallestita nel cuore di un magnifico castagneto una ‘‘grehe’‘, caratteristico fabbricato rurale di piccole dimensioni, disposto su due piani, usato per essiccare le castagne.
Nella costruzione, addossata alla roccia a fianco di altre simili, nell’area un tempo utilizzata come deposito, sono esposti ed illustrati da pannelli gli attrezzi originali per la lavorazione delle castagne: il martello per aprirle, le pinze per estrarle dai ricci ed i sacchi in canapa grezza da sbattere su un ceppo di legno per far staccare le bucce, che venivano poi eliminate scuotendo con un ventilabro (’‘lo van’‘, in dialetto).

Il museo è visibile solo dall’esterno salvo aperture in occasione di particolari eventi.

    (+39) 0125803134
    info@comune.bard.ao.it

Il Ferdinando. Museo delle Fortificazioni e delle Frontiere

Musei  -  Bard

Collocato nell’Opera Ferdinando, situata al primo livello della rocca fortificata, il museo propone un coinvolgente viaggio attraverso l’evoluzione delle tecniche difensive, dei sistemi di assedio e del concetto di frontiera.

Partendo dalla necessità di fornire maggiori chiavi di lettura storiche del sito e del Forte, si è reso necessario allargare – nel tempo e nello spazio – questo itinerario di conoscenza, inquadrando la configurazione della fortezza ottocentesca nella storia di lunga durata dei sistemi di fortificazione, nel quadro di una lettura delle Alpi in quanto limite, ostacolo, barriera naturale, frontiera mobile, territorio e linea di confine politico abitato e vissuto, attraversato e percorso, difeso e fortificato.

Il museo si sviluppa in tre parti:

  • ”Museo del Forte e delle Fortificazioni”
  • ”Le Alpi Fortificate (1871-1946)”
  • ”Le Alpi, una frontiera?”

Il Museo del Forte e delle Fortificazioni
La visita a questa prima sezione, allestita nell’Opera Ferdinando Superiore, permette allo spettatore di calarsi in una serie di ambientazioni storiche corredate da plastici, filmati e armi autentiche, con un iter narrativo che mette in luce l’evoluzione delle fortezze delle Alpi Occidentali attraverso il progredire delle armi e delle strategie militari, dei materiali e delle tecniche costruttive, a partire dall’epoca romana per giungere sino alle nuove soluzioni architettoniche e balistiche del Novecento.
Grazie alla riproposizione cinematografica di celebri spezzoni di film contenenti scene di guerra (Le Crociate - Kingdom of Heaven, Ridley Scott, 2005; Masada, Boris Sagal, 1981; Il mestiere delle armi, Ermanno Olmi, 2001; Alatriste, il destino di un guerriero, Augustin Diaz Yanks, 2006; The last valley, James Clavell, 1971; Revolution, Hugh Hudson, 1985; L’ultimo dei Mohicani, Michael Mann, 1992; Glory. Uomini di gloria, Edward Zwick, 1989, Cold Mountain, Anthony Minghella, 2003) ed all’apparato esplicativo arricchito dalla cartografia d’epoca, il visitatore è proiettato nell’epoca di pertinenza di ogni singola sala.

Le Alpi Fortificate (1871-1946)
La seconda parte del museo si sviluppa nelle sale dell’Opera Ferdinando Inferiore ed è dedicata alle trasformazioni intervenute tra la fine del XIX e il XX secolo; inserisce il Forte di Bard all’interno del sistema delle fortezze ottocentesche, riproponendo ricostruzioni scenografiche e modelli in scala, volti a evidenziare non solo i caratteri considerati maggiormente rappresentativi delle fortificazioni nell’arco alpino, ma cercando anche di rendere protagoniste le Alpi stesse, teatro di un’evoluzione tecnologica che le ha portate a divenire “la frontiera d’Italia”. Un racconto nell’evoluzione delle fortezze attraverso il progredire delle armi, e viceversa.
Il mutare dei materiali e delle tecniche costruttive, il graduale ispessimento dei muri, la collocazione dei forti in luoghi sempre più dominanti, l’evolversi delle metodologie strategiche e delle soluzioni architettoniche, tutto questo è costantemente riportato alle capacità offensive del nemico, dunque alle possibilità sfondamento da parte degli eserciti assedianti.
Il tema della montagna militarizzata è toccato nelle sezioni dedicate alla Prima e alla Seconda Guerra Mondiale e alla Resistenza, sempre puntando sull’impatto evocativo affidato ad un approccio multimediale.

Le Alpi, una frontiera?
La terza e ultima sezione pone un interrogativo con l’obiettivo di mettere il visitatore nella condizione di riflettere sul percorso compiuto e sul significato da dare al termine “frontiera”: confine o barriera? Ostacolo o tratto d’unione?
Si delinea così un percorso espositivo che trasmette una visione complessa e strutturata non solo del Forte di Bard, ma anche del contesto storico, sociale, culturale e geopolitico all’interno del quale esso è inserito nelle diverse epoche storiche: un viaggio nel passato che si conclude con una riflessione estremamente attuale sul presente.
Il visitatore è così protagonista di un dialogo con il luogo in cui si trova, alla ricerca di un’identità, quella delle Alpi, in continua evoluzione, che diviene crocevia delle grandi vicende del passato e di quella storia degli uomini fatta di semplici memorie e azioni.

    390125833811
    info@fortedibard.it

Le Alpi dei Ragazzi

Musei  -  Bard

Completamente riallestito nel 2023, questo spazio di avvicinamento alla montagna, dedicato a ragazzi e famiglie, propone, all’interno dell’Opera Vittorio, una serie di laboratori scientifici sul tema del cambiamento climatico e sull’impatto che sta avendo sui ghiacciai di tutto il mondo.

Ogni sala permette al visitatore di conoscere le quattro vette più importanti della Valle d’Aosta – Monte Rosa, Monte Cervino, Gran Paradiso e Monte Bianco – e le condizioni delle rispettive aree glaciali attraverso una serie di confronti fotografici. Ognuna presenta inoltre una tematica geologica e scientifica che può essere approfondita attraverso attività ludiche e laboratori.

Lo spazio accoglie anche l’installazione Ice Memory con varie postazioni che utilizzano la realtà aumentata per raccontare lo stato di salute dei ghiacciai e per coinvolgere i giovani nella comprensione delle dinamiche legate al riscaldamento climatico e per promuovere l’adozione di comportamenti sostenibili.

Lo spazio è fruibile liberamente acquistando il biglietto di ingresso al Forte di Bard.

I laboratori rivolti a scuole e gruppi si possono effettuare a pagamento su prenotazione.

    (+39) 0125.833811
    prenotazioni@fortedibard.it

Le Prigioni - spazio museale permanente sulla storia del Forte di Bard

Musei  -  Bard

Collocate all’interno dell’Opera Carlo Alberto, le anguste celle del Forte di Bard dove venivano rinchiusi i prigionieri ospitano oggi un itinerario storico che guida il visitatore alla scoperta della storia del sito militare, per secoli strategico luogo di transito.
Attraverso filmati, documenti e ricostruzioni 3D di grande impatto i visitatori possono seguire l’evoluzione architettonica della fortezza e conoscere i personaggi che ne hanno segnato i principali avvenimenti storici dall’anno Mille alla sua ricostruzione nel 1830, sino ad arrivare ai giorni nostri.

Percorso di visita

Le Prigioni ospitano 24 celle, tutte di dimensioni molto ridotte (circa 1,3 × 2 metri) disposte lungo quattro sezioni precedute da una galleria d’ingresso che è stata dedicata alla rappresentazione iconografica del Forte.

L’atrio ospita un filmato relativo alla complessa opera di restauro e ricostruzione del Forte avvenuta tra il 1996 e il 2006.

Si accede poi a quattro delle sale della prima sezione in cui, attraverso postazioni caratterizzate da modelli tridimensionali, vengono mostrate le trasformazioni del Forte nelle varie epoche: romana, medioevale, ‘500 e ‘600 e ‘700. Negli spazi successivi, un filmato dà voce ai personaggi che hanno contrassegnato l’episodio storico più significativo della storia del Forte: l’assedio da parte delle truppe napoleoniche.

Nella seconda sezione, Napoleone Bonaparte, il generale francese Berthier ed il capitano austriaco Bernkopf svelano strategie offensive e difensive dell’aspra battaglia combattuta nella primavera del 1800. Il percorso è impreziosito dalle proiezioni dei disegni del topografo e pittore Pietro Bagetti e dagli scritti di Stendhal, testimoni privilegiati della storia di Bard.

La terza parte del percorso presenta la testimonianza del capitano del Genio militare Francesco Antonio Olivero cui Carlo Felice di Savoia affidò la ricostruzione del Forte dopo il passaggio di Napoleone. All’interno di una cella vengono proiettati documenti ed immagini. Un rilievo del Forte del 1829 e un progetto del 1830 mostrano come Olivero seppe sfruttare le peculiarità strategiche del luogo ideando la concezione di più corpi di fabbrica sovrapposti per moltiplicare le linee di fuoco; i lavori furono realizzati in soli otto anni.

La quarta sezione vede come protagonista Camillo Benso conte di Cavour, ”prigioniero” di lusso durante la ricostruzione. A lui fu affidata nel 1831 la supervisione dei lavori; per quanti entusiasmi l’impresa potesse suscitare in chiunque, Cavour visse l’esperienza come una punizione, una “prigione morale” che lui stesso in seguito definì un “esilio”. Nella sezione sono presenti anche alcuni oggetti in uso nella vita quotidiana della fortezza. Una scenografia ricrea l’atmosfera tipica di una cella, mentre su una parete è allestita una pannellatura dedicata alle guarnigioni che si sono succedute al Forte e le riproduzioni di alcune tavole dell’illustratore Quinto Cenni. Su due monitor, un filmato elaborato in collaborazione con l’Archivio militare del Genio di Roma, consente di scoprire i risultati di una ricerca sui militari di stanza nel Forte durante gli anni.

Nell’ultima sala, si ripercorre la decadenza e la rinascita del Forte nel corso del ‘900 attraverso un’intervista a Ferdinando Jacquemet, testimone vivente in grado di raccontare l’ultimo capitolo della storia di Bard.
Il percorso culmina con la proiezione di un’animazione che ripropone l’evoluzione degli insediamenti militari sulla rocca di Bard dall’anno mille ad oggi.

Al percorso è abbinata un’offerta di quattro laboratori didattici elaborati a seconda delle diverse fasce d’età degli studenti, dalla scuola dell’infanzia sino alla scuola secondaria di primo grado.

    390125833811
    info@fortedibard.it

Museo delle Alpi

Musei  -  Bard

Collocato al primo piano dell’Opera Carlo Alberto dello spettacolare complesso del Forte di Bard, il Museo delle Alpi è uno spazio interattivo attraverso cui il visitatore può viaggiare alla scoperta del mondo alpino, esplorando con i cinque sensi una montagna vissuta e trasformata dalla mano dell’uomo.

Le 29 sale del percorso espositivo sono suddivise in quattro sezioni, che affrontano la montagna dal punto di vista naturalistico, geografico, antropologico e meteorologico, coinvolgendo gli ospiti di tutte le età, grazie alla fusione fra tradizione e nuove tecnologie.

Il viaggio inizia con l’ascesa alla vetta, tra proiezioni di panorami e scenari d’alta quota. La coinvolgente ‘‘sinfonia delle montagne’‘, colonna sonora del museo, è il tappeto di note che accompagna la visita.

Toccare l’altitudine : il corridoio introduttivo è un’avvolgente videoinstallazione dell’artista Armin Linke che crea una realtà di suggestioni visive e sonore tra alpeggi, tunnel, salti e sciatori hi-tech. ‘‘Saliamo in montagna!’‘ è l’invito declamato nella ‘‘galleria delle voci’‘: un caleidoscopio di lingue alpine, che danno il benvenuto al Museo.

Ascoltare il trascorrere delle stagioni : viene voglia di accarezzare il pelo del mitico Dahu, l’animale leggendario con due zampe più corte per adattarsi ai pendii montani, che accoglie nell’affascinante biodiversità dell’ambiente alpino. Tra teche, diorami, filmati e schermi touch screen si osservano il clima, le brevi stagioni in quota, le piante e i tenaci abitanti delle terre alte.

Volare come un’aquila tra le vette : un video in 3D mette le ali al visitatore, un ‘‘volo d’aquila’‘ mozzafiato dalla cima del Monte Bianco, attraverso i paesaggi più suggestivi della Valle d’Aosta, tra ghiacciai, cascate e antichi castelli, fino a planare sul forte di Bard.

Camminare sul mare di Tetide : nella sala della geografia, una spettacolare mappa interattiva si fa tappeto di una libera passeggiata sulle Alpi. La rappresentazione delle inconfondibili vette più celebri e spettacolari, abbraccia la sala sull’orogenesi. Un viaggio a ritroso nel tempo, tra le esplosioni laviche delle Alpi generate dal fuoco e le risacche marine che hanno dato vita alle Dolomiti.

Danzare in un carnevale di voci e colori : la ricostruzione della stalla, la “stube”, la scuola e alcuni filmati interattivi, raccontano la civiltà alpina e la cultura materiale legata al lavoro, dal mulino alla miniera. Per poi essere coinvolti danzando in gioiose celebrazioni di fine inverno, feste e coloratissimi carnevali alpini, cortei di ‘‘lanzette’‘ - tipiche maschere valdostane - o nelle danze dell’‘‘uomo selvatico’‘.

Conquistare la vetta come alpinisti : infine, un viaggio nell’esperienza romantica degli artisti-alpinisti ottocenteschi, alla conquista di inespugnabili vette e poi in treno con i turisti dello sci che affollano le piste. Una montagna multiforme, da scoprire e vivere sempre con passione.

Un racconto multimediale : la voce di un ‘‘testimone’‘, il naturalista, il geografo, l’antropologo, il meteorologo, racconta da un monitor, in ogni sala, il tema delle 6 sezioni del Museo.

Una sinfonia di suoni e colori : proiezioni e suoni danno forma a scenografie, ricostruzioni, giochi multimediali e interattivi per educare, divertire e immergersi nella cultura alpina. Sono i video a guidare il visitatore in quest’avvincente esplorazione.

    (+39) 0125.833811
    info@fortedibard.it

Ponti e antiche case nella valle di Champorcher

Architettura  -  Champorcher

Un’architettura originale, legata al territorio impervio, da scoprire grazie a questo facile itinerario turistico (periodo consigliato: dalla primavera all’autunno inoltrato).

In una vallata rocciosa e scoscesa come quella di Champorcher, i collegamenti da una riva all’altra dei torrenti non erano operazioni semplici. Appoggiando le fondamenta dei ponti sopra voragini rocciose, sovrastanti acque tumultuose, i mastri costruttori del XVII e XVIII sec. hanno edificato delle opere d’arte, che resistono ancora oggi alle piene più impressionanti.

A 6 km appena dalla vallata centrale, presso il capoluogo di Pontboset, un tragitto riunisce diversi ponti curvati a dorso d’asino sull’orrido di Rathus, che conducono ai valloni del versante soleggiato, dove si arroccano numerosi villaggi abbandonati.
Le abitazioni, attaccate al pendio, sono caratterizzate dai loro ”soulei”, alti fienili chiusi da pareti d’assi verticali strette da pilastri agli angoli. Piccole casette in pietra a 2 piani, costruite accanto, fungevano da essiccatoi per le castagne e ricordano, fino ai 1000 m di altitudine, che il popolamento di questa vallata non ha avuto altra ragion d’essere che la presenza di questo frutto nutritivo.

Più in alto, la cultura dei cereali assume aspetti eroici: i campi di segale di un tempo, in aggetto (sporgenti) gli uni sugli altri, grazie alla disposizione dei versanti a terrazza, caratterizzano questo paesaggio, letteralmente costruito dall’uomo.

Nei villaggi, come Outre l’Eve, nel comune di Champorcher, numerosi granai per i covoni ed il grano testimoniano l’abilità dei carpentieri di questa originale vallata alpina, tutta da scoprire.

Sempre nel territorio di Champorcher, il museo etnografico della canapa di Chardonney è stato allestito sotto un vecchio granaio del XVIII sec., ammobiliando una stalla, che era abitata in inverno. Gli abitanti erano specializzati nella tessitura della canapa e, da tutta la Valle d’Aosta, vi si convogliava questa preziosa materia prima, indispensabile, nella vita quotidiana, per la confezione di indumenti intimi, drappi e lenzuola.

La strada romana delle Gallie ed il suo arco

Architettura romana  -  Donnas

La strada romana delle Gallie, costruita per collegare Roma alla Valle del Rodano, ha nel tratto di Donnas uno dei suoi punti più caratteristici e spettacolari, intagliata com‘è nella viva roccia per una lunghezza di 221 metri.

In un luogo dove, in antico, il promontorio roccioso arrivava a tuffarsi nelle acque della Dora, i Romani hanno lanciato una vera e propria sfida alla natura intagliando una roccia viva su cui hanno saputo tirare pareti perfettamente verticali e nel cui grembo hanno ricavato il sedime stradale.

Emozionante ed insolita, qui la Via delle Gallie dà il meglio di sé offrendo lo spettacolo di un passaggio ad arco di 4 metri di spessore, 4 metri di altezza e quasi 3 metri di larghezza che illustra eloquentemente la mole di roccia asportata, mostrando tutta la raffinatezza di una tecnica stradale mai più raggiunta fino ai viadotti e alle gallerie moderne.

Nel Medioevo servì come porta del borgo, che veniva chiusa durante la notte; le altre difese erano naturali: da una parte la montagna e dall’altra il fiume.

Una strada fondamentale, molto utilizzata nel corso dei secoli come, effettivamente, testimoniano i profondi segni lasciati dal passaggio dei carri e l’usura del piano di calpestio che, in più punti, presenta rattoppi e risarciture operate nel tempo.

Poco oltre, sulla destra, si riconosce il profilo aggettante di un miliario, anch’esso risparmiato nel banco roccioso, che ci informa in merito alla distanza da Augusta Praetoria (l’attuale città di Aosta): XXXVI miglia (circa 54 km).

    0125804728

Lou Dzeut - manufatti in canapa

Artigianato  -  Donnas

Sulle tracce di un’antica tradizione, la Cooperativa “Lou Dzeut” di Champorcher – ora presente anche a Donnas – porta avanti l’arte della tessitura a mano della tela di canapa, creando e ricamando corredi e manufatti che racchiudono una storia e una memoria consolidata, sinonimo di unicità e qualità. Il nome “Lou Dzeut” non è casuale: nel patois locale significa sia "sciame", evocando il lavoro collettivo e la collaborazione, sia "germoglio", come promessa di nuovi frutti.

Il lavoro manuale sui telai in legno di antica fattura, dove mani e piedi delle tessitrici si muovono in maniera aritmica, richiama un’attività d’altri tempi, faticosa e impegnativa, ma anche affascinante, dove la qualità prevale sulla quantità. Le tessitrici, insieme alla maestra di cucito, alle ricamatrici e merlettaie, continuano a produrre tessuti in canapa e lino, realizzando oggetti unici e personalizzati per la casa e il corredo.

Nell’atelier si creano pezzi di alta qualità che rispettano la tradizione, ma che si rinnovano con uno sguardo attento alle esigenze contemporanee. È possibile anche ordinare camicie e gilet su misura realizzati con la tela prodotta in loco.

Aperto dal martedì alla domenica (chiuso il lunedì) dalle 9:00 alle 12 e dalle 14:00 alle 17:00

    (+39) 012537327

Torre di Pramotton

Castelli e torri  -  Donnas

È la prima torre che si incontra risalendo la Valle d’Aosta e risale al XIII secolo.
Situata a circa trenta minuti di sentiero dalla frazione Pramotton, sulla destra orografica della Dora Baltea, la torre ha pianta esagonale ed è ornata da sei merli, posti in corrispondenza degli spigoli.
L’ingresso è posto a quattro metri dal suolo ed è in parte ancora visibile la cinta muraria che originariamente la circondava.

Cappella di Albard

Chiese e santuari  -  Donnas

La cappella di Albard si trova nei pressi dell’omonimo villaggio del comune di Donnas, a 613 metri di altitudine, che sovrasta il forte ed il borgo di Bard, ed è dedicata alla Traslazione delle reliquie di San Grato.

La facciata è datata 1756 ed è affrescata con la scena della deposizione della Santa Croce sotto una gloria di angeli.

Cappella di Sant’Orso

Chiese e santuari  -  Donnas

Tra le più antiche cappelle del territorio di Donnas, si trova a ovest del borgo medievale e sarebbe stata fondata per salvaguardare le case dalle frequenti e pericolose inondazioni della Dora Baltea. La cappella pare sia già stata citata nel 1176 in una bolla di Papa Alessandro III.

L’architrave del portale di ingresso reca la data 1692, anno in cui la cappella fu ricostruita. Il bel portale in pietra risulta una copia in scala ridotta di quello della chiesa parrocchiale di Issime (1685 circa).
All’interno, si può ammirare un pulpito del tardo Settecento in legno dorato e policromo su cui spiccano figure di santi e ghirlande di fiori.

Cappella di Verale

Chiese e santuari  -  Donnas

Nell’alpeggio di Verale, a 1215 metri di altitudine, sorge la cappella dedicata alla Trasfigurazione di Nostro Signore, fondata nel 1753. Nel villaggio si può vedere anche il forno comunitario usato per la cottura del pane.

In passato i fedeli andavano in processione al vicino santuario di Machaby il 5 agosto per la ricorrenza della Madonna delle Nevi e, al ritorno, il giorno seguente, si fermavano a Verale per celebrare la Trasfigurazione. Oggi la festa si svolge il secondo sabato di agosto.

Chiesa parrocchiale di San Pietro in Vincoli

Chiese e santuari  -  Donnas

La chiesa parrocchiale si trova nel centro del paese, proprio vicino alla stazione ferroviaria.

Ricostruita nel 1830 sulle fondamenta della precedente, è ricca di affreschi, con un imponente altare maggiore in marmo del XVIII secolo.

Di rilievo sono le opere artigianali in legno, quali la cantoria, sostenuta da teste di cariatidi, e il pulpito finemente istoriato, oltre ai confessionali, il battistero, i banchi del coro e le porte.

Il Campanile a torre quadrata è stato costruito in epoca più recente rispetto alla chiesa ma è decorato alla base da un antico bassorilievo del XIII secolo raffigurante San Pietro.

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Ecomuseo della Latteria turnaria di Treby

Musei  -  Donnas

L’edificio nella frazione Tréby di Donnas, che dal 1897 fino al 1980 ha ospitato l’attività della locale latteria sociale, riveste un duplice interesse storico-culturale, poiché testimonia da un lato il passato rurale del paese, quando l’allevamento era attività diffusa e contribuiva alla sussistenza della popolazione, dall’altro la secolare presenza a Donnas della Confraternita dello Spirito Santo, la cui attività di beneficenza è sopravvissuta fin quasi ai giorni nostri.

Mentre i locali usati fino a trent’anni fa come latteria sociale conservano gli arredi e l’attrezzatura utile al conferimento del latte e alla successiva lavorazione casearia, oltre che la documentazione e i registri relativi al funzionamento della società stessa, nella sala attigua, interamente affrescata, emergono le testimonianze dell’attività della «Confrérie du Saint-Esprit», esistente fin dal 1012 come riportato sull’affresco raffigurante l’ultima cena.
Vari dipinti testimoniano il lavoro svolto dalla confraternita a favore della comunità. Dovere dei confratelli era infatti tradurre la fede in opere di carità, distribuire cibo ai poveri e ospitare i senzatetto in caso di incendio. L’attività benefica della confraternita proseguì per più di un secolo e mezzo dopo la sua soppressione ufficiale avvenuta nel 1776.

L’atto di costituzione della latteria di Tréby porta la data del 25 luglio 1897. Cinque anni dopo, il 21 maggio 1902, la latteria sociale di Treby acquistò lo stabile della Confraternita dello Spirito Santo, dove svolse la sua attività fino al 1980, quando la società si sciolse.

L’intero fabbricato è stato restaurato e destinato nel 2003 a museo etnografico, arredato con le stesse attrezzature e materiali usati un tempo per la lavorazione del latte.

    (+39) 0125.807051
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Museo della vite e del vino

Musei  -  Donnas

La situazione climatica di cui gode Donnas ha favorito da sempre la coltivazione di piante mediterranee come l’ulivo e, naturalmente, la vite.
Gli enormi lavori di terrazzamento e le difficoltà imposte da un territorio in forte pendenza, hanno fatto sì che questa viticoltura sia definita “eroica”.

Attività profondamente radicate nella cultura locale, la produzione e la commercializzazione del vino sono oggi anche il veicolo per la valorizzazione dell’intero territorio.

Gli oggetti e le attrezzature presenti nel museo sono ancora oggi per la maggior parte di uso comune a Donnas.
La loro origine si perde nel tempo, i nomi in patois, spesso non traducibili, evocano un passato in cui la coltivazione della vite era un’attività diffusa e profondamente radicata nella cultura locale. Sono oggetti semplici, ma sapientemente realizzati da mani esperte a svolgere, nella vigna o in cantina, la funzione loro assegnata.

Il Museo è ubicato nelle cantine dell’asilo ‘‘Anna Caterina Selve’‘, fatto erigere in onore della madre dal commendatore Federico Selve a beneficio della popolazione di Donnas. L’elegante fabbricato è a struttura geometrica lineare, formato da un unico corpo con altezze diverse e presenta all’esterno sagomature orizzontali che suggeriscono l’idea del bugnato.

Le cantine sono caratterizzate da un bellissimo soffitto voltato in mattoni. Destinate inizialmente a deposito, i locali hanno ospitato dal 1971 al 1976 la sede delle Caves Coopératives de Donnas e le botti del primo vino a Denominazione di Origine Controllata della Valle d’Aosta: ristrutturate nel 2003 dal Comune di Donnas, oggi ospitano il museo.

Oltre ad attrezzi e oggetti legati alla raccolta dell’uva e alla sua trasformazione ci sono, lungo il percorso di visita, alcuni touch screen che illustrano le tecniche di lavorazione ed i pregiati vini locali.

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Pietre coppellate

Archeologia  -  Hône

Si tratta di massi o pietre sui quali sono stati incisi, con pietre dure o punteruoli metallici, piccoli buchi concavi a forma di coppa. Questi reperti preistorici risalgono alla tarda Età del Bronzo e all’ Età del Ferro. L’uso di queste incisioni non è ancora chiaro: alcuni studiosi pensano che le pietre coppellate servissero per svolgere riti religiosi e propiziatori. Nel territorio di Hône le pietre coppellate sono situate a Montoulin (900 m) e in località Plan Priod (465 m).

Palazzo Marelli

Castelli e torri  -  Hône

Si tratta della dimora, costruita nel 1689 nei pressi della chiesa parrocchiale di San Giorgio, dal Conte Jean-Pierre Marelli, sovrintendente generale delle armi e munizioni di Casa Savoia, che pochi anni prima aveva ricevuto in feudo il territorio di Hône.
L’edificio si sviluppava in senso orizzontale ed era caratterizzato dalla presenza di giardini e orti interni. Fin dai primi tempi, però, quello che era stata concepito come un palazzo signorile, fu adibito a cascina e già nei primi decenni del ’700, era pesantemente deteriorato nella struttura.
A metà dell’800 Giovanni Antonio Colliard, a lungo sindaco di Hône, acquistò il palazzo e ne rimase proprietario fino alla metà del secolo successivo.
Negli ultimi decenni l’assetto architettonico del palazzo è stato completamente stravolto da pesanti trasformazioni.

Chiesa parrocchiale di San Giorgio

Chiese e santuari  -  Hône

La chiesa parrocchiale di San Giorgio vanta origini molto antiche: essa viene infatti già citata in una bolla di Papa Alessandro III del 1176. Nei primi decenni del XVIII secolo l’edificio venne ricostruito, e nel 1742 i fratelli Gilardi realizzarono le statue della trave di trionfo. Altro rifacimento quasi completo nel 1833, mentre nel 1897 l’interno è stato affrescato da Alessandro e Augusto Artari, pittori di Verrès.

Elementi interessanti:
- i tre altari, risalenti al XVIII secolo ed in stile barocco, sono di legno intagliato, dipinto e dorato;
- la cantoria, decorata con originali cariatidi
- l’ottocentesco pulpito in noce, composto da vari pannelli scolpiti.

Il museo parrocchiale contiene, fra gli altri, i seguenti pezzi:
- bassorilievo raffigurante la Madonna della Misericordia, databile intorno al 1600, forse proveniente dalla cappella della Ruine, distrutta da un’alluvione nel XVII secolo
- bassorilievo raffigurante San Giorgio, la principessa e il drago, risalente alla prima metà del XVII secolo
- numerose sculture e arredi sacri di pregevole fattura.

    (+39) 3497269926
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Antichi ponti di Pontboset

Architettura  -  Pontboset

Il nome stesso del paese, Pontboset, è evocativo di quella che è una sua caratteristica saliente: la presenza di un gran numero di ponti.

In effetti, partendo dal Capoluogo si può effettuare una piacevolissima passeggiata che ne attraversa ben sei: tra gli altri sono di particolare pregio il ponte a schiena d’asino sull’Ayasse (ponte di Bozet), che dà accesso alla mulattiera per i villaggi di Piolly e di Fournier, il bel ponte in pietra a tre arcate che dà accesso all’envers e quello di Vaseras sul torrente Manda.

Inoltre tra i due villaggi di Savin e Fassiney nel 1878 è stato realizzato l’attuale bellissimo ponte in pietra, al posto di uno precedente in legno, che ha resistito indenne a tutte le alluvioni da allora verificatesi.

    0125/803070

Cappella del Gom

Chiese e santuari  -  Pontboset

L’attuale cappella del Gom, risalente al terzo decennio del XVIII secolo, è ricostruita su resti di un edificio precedente, molto più piccolo, con ingresso a sud. Il bell’altare barocco è probabilmente opera di uno dei tanti artisti valsesiani attivi nel Settecento in Valle d’Aosta, Francesco Antoni d’Alberto. Sulla facciata della cappella è dipinto un grazioso ed insolito motivo ornamentale.

Chiesa parrocchiale di San Grato

Chiese e santuari  -  Pontboset

La chiesa originaria è stata costruita tra il 1622 e il 1624, quindi poco prima della fondazione della parrocchia (1625), ma fu poi ricostruita nel 1843-44, su disegno e sotto la direzione dell’architetto Pacifique Dallou di Donnas. Nel 1910 le pareti interne furono affrescate dai pittori Stornone, Sardi e Carretti.
L’altare è ottocentesco, ma contiene statue realizzate nel 1706 dal maestro biellese Serra. Il crocifisso trionfale risalirebbe al 1625. Nella piazza antistante la chiesa si trova una bella fontana in pietra costruita nel 1830 dai tagliapietre Peraldo di Biella.

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Santuario di Retempio

Chiese e santuari  -  Pontboset

Il santuario di Retempio, che risale al 1835, è costituito da una cappella dedicata a Nostra Signora della Visitazione e a San Rocco.
Il nome “Retempio” deriva dall’alpeggio di Tempioz, poco distante.
Sono conservate al suo interno una statua in legno dorato della Madonna, due statue policrome raffiguranti Sant’Andrea e San Bartolomeo e due statue reliquiario, poste sugli altari laterali, raffiguranti San Rocco e San Giovanni Battista.
All’esterno, vicino all’edificio sorge un pulpito in pietra utilizzato per il sermone durante le celebrazioni.

Dal santuario, meta di un tradizionale pellegrinaggio il 2 luglio, si gode di un bellissimo panorama sul Monte Rosa e sul Cervino.

Ponte Romano

Architettura romana  -  Pont-Saint-Martin

È un’imponente testimonianza della romanizzazione della Valle d’Aosta. Incerta la sua datazione: per alcuni sarebbe stato costruito verso il 120 a.C., per altri nel 25 a.C.

Il ponte
Ancorato alla viva roccia da entrambi i lati, è alto 25 metri e la sua unica arcata è larga 35 metri. Alla base sono visibili, scavati nella viva roccia, gli alloggiamenti per le travi lignee che hanno costituito l’impalcatura necessaria per la costruzione dell’arcata in pietra. A fine Ottocento furono collocate alcune chiavi in ferro per consolidare la struttura. All’inizio dell’Ottocento fu costruito, poco più a valle, un altro ponte in legno, sostituito poi nel 1876 dall’attuale costruzione in muratura.

La leggenda
La fantasia popolare ha attribuito la costruzione del ponte al diavolo. La leggenda narra che San Martino, vescovo di Tours, dovendo ritornare dall’Italia nella sua diocesi, si trovò bloccato dal torrente Lys, che con la sua piena aveva travolto l’unica passerella. Il diavolo gli propose di risolvere il problema costruendo, in una sola notte, un solido ponte, ma pretese in cambio l’anima del primo che avrebbe attraversato il ponte. Il santo accettò, ma la mattina dopo, lanciando un pezzo di pane all’altra estremità del ponte, fece sì che il primo ad attraversarlo fosse un cagnolino affamato. Il diavolo, furente, scomparve nel Lys tra lampi e zaffate di zolfo, ed alla popolazione rimase il ponte. La leggenda costituisce tuttora uno dei temi fondamentali del carnevale di Pont-Saint-Martin, che si conclude proprio con il rogo del diavolo sotto il ponte romano.

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Casaforte l' Castel

Castelli e torri  -  Pont-Saint-Martin

Anticamente denominato della Rivoire, il castello fu costruito in diverse fasi ed utilizzato come residenza dai signori di Pont-Saint-Martin a partire dalla fine del secolo XV. Più volte rimaneggiata, mantenendo tuttavia ancora vari aspetti significativi, nelle sue forme primitive la struttura poteva essere identificata come una fortificazione rurale (da cui la denominazione di casaforte), ma la sua funzione, oltreché difensiva, era anche ostentativa, venendo incontro all’esigenza di sottolineare il prestigio di cui godevano i proprietari.
L’edificio si sviluppa su quattro piani: un vano seminterrato, con funzione di magazzino o locale per la lavorazione di prodotti agricoli, due piani che rappresentano i piani nobili ed un terzo, con finestre a sedile, dalle caratteristiche abitative più modeste.
Sul lato sud-ovest si nota un corpo aggettante che poggia su mensole sovrapposte di pietra squadrata. A nord-ovest, verso via Castello, è ben visibile la struttura muraria originaria, in pietrame e malta di calce; in alto spicca un caratteristico camino. Sul lato nord-est si trovano l’ingresso ed il vano scale da cui si accede al piano rialzato ed ai due sopraelevati. Vari elementi interessanti presenta anche il lato sud-est, che si affaccia sul cortile interno: tre finestre con inferriata, un balcone in legno poggiante su un sistema di mensole, travi e saette ed infine la piccionaia.
Il restauro realizzato nel 2012 ha permesso di recuperare il fabbricato sottraendolo all’incuria e ai segni del tempo e permettendone la restituzione alla popolazione e a tutti coloro che sono interessati alla storia del paese.

La visita
Dopo la ristrutturazione, la casaforte dei signori di Pont-Saint-Martin è divenuta dimora non più di nobili famiglie, bensì di talenti e cultura, un museo e polo culturale che riconsegnano degnamente alla collettività questo edificio storico in tutto il suo splendore.

Oltre ad alcuni disegni del maestro Francesco Corni, la struttura ospita diversi arredi d’epoca appartenuti alle collezioni dell’Amministrazione regionale, allestiti al piano nobile insieme alla mostra “Presenze”, abiti e biancheria antichi interpretati da Daniela Evangelisti.
Il terzo piano è dedicato alle opere dello scultore Cristiano Nicoletta, messe a disposizione dalla Soprintendenza per i Beni e le Attività Culturali della Regione Autonoma Valle d’Aosta, nonché all’esposizione “Il bombardamento di Pont Saint Martin – 1944”. Salendo all’ultimo livello si trova infine la mostra fotografica “Vignobles” a cura di Enrico Peyrot.

    (+39) 0125.807793
    (+39)335.1251920
    biblioteca@comune.pontsaintmartin.ao.it

Castello Baraing

Castelli e torri  -  Pont-Saint-Martin

Costruito a partire dal 1883 su una rupe sovrastante il vecchio borgo, il castello fu voluto dal dottor Pietro Annibale Baraing, una delle figure di rilievo di Pont-Saint-Martin.
In stile neo-gotico, secondo il gusto del tempo, e circondato da un ampio giardino con serre e fontane, l’edificio fu terminato nel 1893.
Nel 1931 venne donato al comune di Pont-Saint-Martin che ne fece la sede del municipio; dal dopoguerra ai primi anni ’60, esso ospitò l’Avviamento Professionale Regionale.
Dopo anni di abbandono, è stato restaurato ed adibito a sede della Comunità Montana Mont Rose.

    0125807873

La chiesa di Fontaney

Chiese e santuari  -  Pont-Saint-Martin

La Chiesa di Fontaney si trova lungo la strada regionale di Perloz, poco al di sopra del centro di Pont-Saint-Martin, nascosta dalla vegetazione dei cipressi e dei bossi, in un luogo ricchissimo di sorgenti la cui umidità ha causato purtroppo il declino di questo bel modello, che riproduce in miniatura la pianta della Cattedrale di Aosta, e da cui deriva il toponimo, che significa “luogo delle fontane”.

Storia
Costruita tra il 1590 e il 1595 dal barone Pierre di Vallaise su un terreno di proprietà della sua famiglia, a lato della casa-forte, fu intitolata al Preziosissimo Sangue e Corpo del Nostro Signore Gesù Cristo e alla Beata Vergine Maria.
Al momento della costruzione della chiesa, il territorio di Pont-Saint-Martin apparteneva ancora alle parrocchie di Perloz e Donnas; dopo infinite suppliche e istanze da parte degli abitanti e del barone costruttore, il 5 giugno 1614 la chiesa fu finalmente eretta in parrocchiale dal vescovo Martini, e tale rimase fino al 1899.

Descrizione
La chiesa è a pianta rettangolare, a tre navate, divise da pilastri affrescati con scene di vita di Santi. I dipinti interni, in discreto stato di conservazione, portano la data del 1726. L’abside poligonale è provvista di deambulatorio che prolunga le navate laterali. Le volte sono a vela, divise da cordoni di pietra grigia. La facciata è stata affrescata nel 1600: i dipinti rinascimentali raffigurano scene delle Sacre Scritture.
Sul fianco destro è addossata la Cappella del Santo Rosario, contemporanea al resto della costruzione.
Il presbiterio è posto su un gradino sopraelevato rispetto al pavimento della navata: era anticamente delimitato da due colonne di tufo, ancora visibili sui muri laterali.
Le navate sono illuminate da quindici grandi finestre, un tempo dotate di vetri a piombo con le immagini di San Martino, la Gloria di Cristo, la Vergine e i Dodici Apostoli.
All’interno, un affresco su di una colonna rappresenta l’episodio di San Martino, il santo che dà il nome al comune, che soccorre un mutilato, mentre sulla fiancata destra si vede la Cappella del Santissimo Rosario, dove sono sepolti dei membri della famiglia dei Mongenet, originari della Francia e fondatori nei secoli XIX e XX di importanti fabbriche a Pont-Saint-Martin e nei dintorni.
La sacrestia era in comunicazione con il campanile, ormai crollato.

Nel 1839, con l’inaugurazione della nuova parrocchiale, costruita in pianur, l’antica chiesa iniziò ad essere spogliata di ogni ornamento e fu progressivamente abbandonata.
Nel 1904 un’ordinanza del Consiglio Comunale di Pont-Saint-Martin ne avrebbe addirittura disposto la demolizione, per consentire l’ampliamento del cimitero attiguo. L’intervento del parroco don Fortunato Quendoz fu decisivo e valse a salvare dalla distruzione questo gioiello di architettura sacra: la Direzione Regionale dei Monumenti Antichi dichiarò infatti nel 1910 la Chiesa di Fontaney monumento nazionale.
Nel 1968 si intervenne sugli intonaci e nel 1998 si provvide alla ricostruzione della copertura, al termine di una serie complessa di interventi di recupero e di restauro che hanno ridato l’identità al monumento.
Dal 2009 la Chiesa di Fontaney è stata finalmente restituita alla popolazione.

Museo del Ponte Romano

Musei  -  Pont-Saint-Martin

Il museo è dedicato al grandioso ponte costruito dai Romani nel I secolo a.C., la cui maestosa arcata è la più ampia tra quelle risalenti alla stessa epoca ancora esistenti in Europa.

Un’interessante serie di fotografie, disegni e documenti sul tema, permette di soddisfare qualsiasi tipo di curiosità legata al ‘‘Ponte del Diavolo”: i materiali utilizzati e la tecnica costruttiva, le leggende che vedono il ponte protagonista, il restauro ottocentesco, lo scampato pericolo corso con il bombardamento alleato dell’agosto 1944.
Inoltre il museo del ponte romano è il punto di partenza per un’approfondita visita a 360° del paese Pont-Saint-Martin, presentato in un filmato proiettato nella stessa saletta.

Carnevale storico

Tradizioni  -  Pont-Saint-Martin

Il Carnevale di Pont-Saint-Martin è nato nel 1910 e trae origine da due distinte leggende popolari.
Una è imperniata sul personaggio del Diavolo che, come vuole la leggenda, fu interpellato da San Martino per la costruzione di un ponte solido sul torrente Lys. Il Maligno innalzò un bellissimo arco in una sola notte, ma in cambio chiese l’anima che per prima vi fosse transitata. Il Santo però ingannò il Diavolo facendo passare sul ponte un cane: il Maligno si infuriò e voleva distruggere la propria opera: aveva già aperto una breccia sul parapetto del ponte, ma San Martino piantò una croce nel suo punto più alto e fece scomparire il Diavolo. In seguito venne eretto un oratorio nel luogo dove era stata fatta la breccia, per annullare il maleficio che non permetteva di ripararla in nessun modo.
Il personaggio della Ninfa si rifà invece alla leggenda della Fata di Colombera: secondo la tradizione questa leggiadra creatura abitava in un antro scavato nella roccia nei pressi di Réchanter. Ma gli abitanti del borgo la accusarono di iniquità ed ella decise di lasciare quel luogo inospitale. Fece cadere una pioggia torrenziale che ingrossò le acque del rivo di Réchanter, poi fermò le acque del Lys formando un lago nel quale ella si adagiò, per poi ridare nuovamente sfogo ai flutti. La terribile ondata, arrivata nei pressi di Pont, rischiava di travolgere il Ponte Romano ed alcuni abitanti del paese invocarono la ninfa: “Baissez-vous, la belle, et laissez-nous le pont!” La giovane creatura, commossa, risparmiò il Ponte ed il paese, cosa che gli abitanti ricordano ancor oggi con riconoscenza.
Durante la festa si svolge anche la “corsa delle bighe”, in ricordo dell’occupazione Romana al tempo dei Salassi, ed i festeggiamenti si concludono con il rogo del Diavolo sotto il ponte.
La manifestazione inizia il sabato grasso per terminare il mercoledì delle Ceneri.

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