Patrimonio culturale: La Magdeleine, Saint-Vincent, ** Valle d'Aosta **

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Il ''patois''

Tradizioni  - 

Su tutto il territorio della Valle d’Aosta gli abitanti parlano abitualmente il “patois”, un dialetto francoprovenzale. Esso presenta terminologie e cadenze che variano da Comune a Comune in conseguenza delle influenze francesi, vallesane, walser e piemontesi subite nel corso dei secoli. Il vocalismo della parlata è di tipo provenzale ed il consonantismo è di tipo francese. Le affinità maggiori sono riscontrabili nei dialetti
parlati nelle regioni francesi della Savoia e della Provenza, e nella Svizzera Romanda. Verrès è l’unico dei Comuni in cui non si parla il patois, ma per i suoi contatti con il vicino Canavese, gli abitanti parlano tra di loro il dialetto piemontese. Da alcuni decenni si cerca di mantenere vivo e valorizzare il patois.

Insediamento protostorico al Monte Tantané

Archeologia  -  La Magdeleine

Gli scavi cominciati nel 2003 per individuare l’insediamento protostorico situato ai piedi della piramide rocciosa del Monte Tantané, sono stati seguiti da sei successive campagne di ricerca - sino al 2010 - e sono a tutt’oggi lungi dall’essere conclusi.
Interessanti tradizioni leggendarie si riferiscono a questo sito, localmente conosciuto come Le Reparé du Tantané .
L’abitato del Monte Tantané risulta costituito da due gruppi diversi e contigui di capanne, separati da un breve pendio. Il gruppo superiore (“morena”, 2441 m s.l.m.), presenta una serie di 25 capanne adiacenti, allineate all’incirca in direzione nord-sud e dispone di un valloncello delimitato da due cordoni morenici ai piedi del ghiaione del Monte Tantané. Il gruppo inferiore (“abitato”, 2425-79 m s.l.m.) è disposto su un largo pendio a terrazzi digradante verso nord. Gli scavi hanno finora messo in luce 10 capanne sul terrazzo sommitale dell’abitato e 3 capanne sul terrazzo immediatamente sottostante. Si stima che il complesso dell’abitato possa comprenderne circa cinquanta, un numero assai maggiore rispetto al gruppo superiore della morena. Si tratta nell’insieme di un insediamento assai considerevole, per via dell’altitudine della sua collocazione.

Le capanne sono state costruite in muratura a secco, usando blocchi allungati di circa 60 cm. La loro forma è molto variabile, da quadrata a rettangolare, da ovale a circolare, a poligonale. Sono di solito adiacenti, a formare piccoli agglomerati o allineamenti. Non è ancora evidente il tipo della loro copertura, che doveva essere ligneo.

I reperti archeologici ritrovati nelle capanne comprendono ceramiche, utensili in pietra ollare, in ferro, in bronzo e alcune monete celtiche. Sono inoltre presenti oggetti in legno e abbondanti testimonianze di semi commestibili (cereali, leguminose). Questi reperti consentono di datare l’epoca dell’abbandono dell’insediamento al I secolo a.C., ovvero alla fase conclusiva dell’Età del Ferro, mentre allo stato attuale delle ricerche non è ancora precisabile il periodo della sua fondazione.

L’interrogativo maggiore riguardo a questo insediamento stagionale di alta quota rimane comunque quello relativo alla sua funzione, se si prescinde da quella pastorale o di alpeggio; è possibile ipotizzare che alcune attività di tipo economico si siano sviluppate in relazione alle risorse presenti sul sito, così come non sono da escludere funzioni di tipo militare-strategico, di controllo del territorio o di rifugio.

I forni di La Magdeleine

Architettura  -  La Magdeleine

In tre delle cinque frazioni di La Magdeleine esistono dei forni il cui utilizzo, previo il rispetto di alcune semplici regole, è pubblico in quanto la loro proprietà è comunale.

A Messelod il forno si trova sulla strada poco prima della Cappella di S. Rocco. La costruzione fa praticamente corpo unico con un bel rascard recentemente restaurato e mantiene l’aspetto degli antichi forni valdostani grazie ad un sapiente ripristino. La “bocca” ha forma triangolare ed è stata realizzata utilizzando una pietra per ciascun lato del triangolo; sul pavimento, direttamente sotto alla bocca è stato ricavato l’alloggiamento per ricevere le braci. Su di una pietra è incisa la data del 1889.

Risalendo verso i villaggi superiori, troviamo nel centro di Vieu una costruzione in pietra a due piani: il forno è stato oggetto di un moderno restauro che ha reso più funzionale e comodo il suo utilizzo.
A piano terra si trova il forno vero e proprio, mentre una scala in ferro e legno conduce al piano superiore, dove è stato ricavato il locale per l’impastatura e la lievitazione del pane.

Un altro forno, oggetto di un recente restauro, si trova nella frazione Artaz nei pressi della rustica fontana che, salendo dagli altri villaggi, si incontra sulla sinistra.
Anche in questo forno, così come per quello di Messelod, non esiste alcun luogo annesso per l’impastatura e la lievitazione del pane.

Un tempo, proprio per le caratteristiche di autosufficienza che contraddistinguevano la vita di una piccola comunità come quella che viveva a La Magdeleine, in ciascuno dei cinque villaggi esistevano certamente uno o più forni, sia di proprietà privata che collettiva. Era poi tradizione che ciascuna famiglia cuocesse il pane necessario per un intero anno in una sola occasione, iniziando dai primi giorni del mese di dicembre. Il pane veniva quindi conservato su rastrelliere di legno dette “ratélé” e spezzato solo al momento dell’utilizzo con un attrezzo apposito: il “copapan”.
Il venir meno di quella tradizione ed il trascorrere del tempo hanno ridotto notevolmente il numero dei forni. Quelli ancora funzionanti presentano varie dimensioni, ma comuni caratteristiche costruttive. In particolare si può notare come la zona davanti al forno garantisca un buon riparo da eventuale pioggia o neve.
Sempre molto ampio è lo spazio per raccogliere le ceneri, infatti queste ultime non venivano buttate ma utilizzate per “fae bouya”: il bucato casalingo.

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    sindaco@comune.la-magdeleine.ao.it

I mulini di La Magdeleine

Architettura  -  La Magdeleine

I mulini di La Magdeleine conservano ancora oggi un grande fascino, memore dei tempi antichi, quando il mulino era il fulcro della civiltà contadina.

Nelle frazioni di Brengon, Clou e Messelod, allineati rispetto ad un piccolo corso d’acqua che trae origine da alcune sorgenti sotto le pendici del Monte Tantané, si trovano ben otto mulini ad acqua; di essi, sette sono stati ristrutturati e tre, come certamente fecero per tanti e tanti anni, sono ora in grado di macinare i cereali che un tempo venivano coltivati sulle assolate pendici dei dossi che circondavano il paese.

Le origini di queste costruzioni si perdono nei secoli e sono certamente assai antiche, come lo furono i primi insediamenti umani nei luoghi dell’attuale comune di La Magdeleine.

L’importanza dei mulini nell’economia rurale delle epoche passate è confermata anche dal fatto che frequentemente, con la proprietà di un campo o di una porzione di terreno, veniva altresì trasferito il diritto ad utilizzare un determinato mulino per un tempo prestabilito.

La singolarità dei mulini consiste anche nel fatto che essi sono disposti “in catena”, allo scopo di sfruttare la poca acqua disponibile; questo fatto ha evidentemente condizionato anche la “tecnologia” utilizzata: si tratta di mulini a ruota idraulica orizzontale, in presa diretta, cioè senza l’utilizzo di ingranaggi o meccanismi, rispetto alle macine.

Inoltre, proprio al fine di utilizzare l’acqua nel modo più razionale possibile, era indispensabile che l’attività si svolgesse in modo quasi contemporaneo in ciascuno degli otto mulini: seguendo questa impostazione, il risultato era praticamente quello di moltiplicare per otto la capacità lavorativa dell’acqua. Furono allora messi a punto dei precisi “regolamenti di utilizzo dei mulini”, in cui si stabilivano tanto le modalità e le tempistiche di funzionamento, quanto i diritti di uso di ciascun partecipante o proprietario.

Secondo la consuetudine, anche i mulini di La Magdeleine avevano dei nomi, che derivano dalla loro localizzazione, dai proprietari, oppure della famiglia che li aveva costruiti. Partendo dal mulino che si trova in posizione più elevata, i nomi che sono stati ritrovati grazie ai ricordi degli anziani del paese, sono i seguenti: moulin hatu, moulin d’Arfonse, moulin di Tonne, moulin di Chioset, moulin de la Place, moulin di Mule e moulin di Messelou.

Durante l'estate sono aperti i primi tre mulini da scoprire con visite libere. Per gruppi e scolaresche è possibile organizzare delle visite guidate contattando le guide turistiche valdostane abilitate inserite negli elenchi regionali

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Cappella di San Rocco a Messelod

Chiese e santuari  -  La Magdeleine

È la più antica del paese, dedicata a San Rocco. Documenti notarili fanno risalire la sua fondazione al 7 giugno 1672 per iniziativa di Michele Messelod; si tratta di una costruzione di dimensioni relativamente contenute.
All’esterno, la facciata reca tre dipinti: a sinistra è raffigurato San Rocco con il cane che, secondo la leggenda, gli porge il pane, al centro Gesù Crocifisso, mentre a destra San Sebastiano, trafitto dalle frecce. Il tutto è sovrastato dal simbolo della Divina Trinità e dall’iscrizione “anno 1827” (epoca corrispondente ad un significativo restauro).
L’interno ospita una pala d’altare datata 1673, raffigurante la Madonna con ai lati i santi Rocco e Sebastiano. Al centro, sostenuto dal trave di catena, spicca un grande crocefisso ligneo in cui il Cristo è rappresentato sanguinante in tutto il corpo, in linea con la consuetudine devozionale del tempo. Due piccole statue lignee, parzialmente dorate rapprentanti un santo ed una santa non identificabili, completano l’arredo sacro della cappella.

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Cappella Notre Dame de la Neige a Vieu

Chiese e santuari  -  La Magdeleine

Cappella risalente al 1739, realizzata grazie ad un lascito di Anna Maria Vittaz Dujany, e dedicata a Notre Dame de la Neige.
La costruzione, su terreno con pendenza accentuata, ha frequentemente richiesto interventi manutentivi di rilievo. È’ consigliabile una sosta sul piccolo sagrato delimitato da rustici muri in pietra, reso ombroso da frondosi alberi. Vi si accede da una ripida scalinata in pietra consumata dal tempo: il panorama che si presenta davanti agli occhi è splendido per bellezza e serenità. L’interno abbastanza austero, è ornato da una pala raffigurante la Madonna con bambino ai cui piedi figurano una Santa e San Grato.
A poche centinaia di metri, sulla mulattiera che passando per Herin conduce ad Antey-Saint-André, si può vedere l’oratorio dedicato a Notre Dame de Tout Pouvoir, costruito là dove la peste del 1630 si era fermata risparmiando “i magdeleins”.

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Chiesa parrocchiale di Santa Maria Maddalena

Chiese e santuari  -  La Magdeleine

Nel 1482 gli abitanti di Brengon e di Clou decisero di edificare una cappella dedicata a Santa Maria Maddalena. La primitiva costruzione, probabilmente di dimensioni più modeste dell’attuale, fu oggetto di numerosi interventi nel corso dei secoli (furono eseguiti lavori per eliminare infiltrazioni d’acqua e rendere più accogliente il luogo sacro; il piano della chiesa fu alzato di 180 centimetri rispetto al livello stradale e venne conseguentemente aggiunta la gradinata).
Negli anni 1774 – 1776 la cappella fu ingrandita fino a raggiungere praticamente l’attuale aspetto.
In seguito furono ripresi i tentativi per ottenere che la chiesa, così ampliata, divenisse parrocchia (fino ad allora tale funzione era assolta dalla chiesa di Antey-Saint-André). Questo risultato fu conseguito solo nel 1789, quando gli abitanti di La Magdeleine erano circa 340, divisi in 64 famiglie.
La chiesa è ad unica navata: il presbiterio è ristretto anteriormente per lasciare spazio, verso la navata, a due altari laterali. L’altare maggiore ed il tabernacolo sono in legno intagliato, e risalgono probabilmente alla fine del 1700. L’altare è ornato da una grande pala raffigurante la Madonna Assunta con il Bambino. Sulla sinistra spiccano S. Maria Maddalena e S. Grato, mentre sulla destra sono ritratti una santa ed un Santo Vescovo (probabilmente S. Martino).
Nel periodo natalizio la pala viene coperta da cartone raffigurante La Magdeleine in epoca invernale. L’opera, dovuta al pittore Brunetti, rende il luogo di culto particolarmente suggestivo ed intonato con le festività.
L’altare laterale destro, anch’esso ligneo, è sormontato da pala raffigurante al centro Cristo Risorto. A sinistra l’effige di Sant’Orso, con un uccellino sulla spalla e a destra quella di Sant’ Antonio Abate.
Rivolgendosi verso l’altare laterale sinistro, dello stesso stile di quello contrapposto, si rileva una pala in cui si nota la Madonna con Bambino con scapolare carmelitano, San Giuseppe ritratto con il bastone fiorito, come da tradizione, e San Pietro con la chiave. La statua della Madonna Immacolata è di epoca settecentesca.
All’esterno, a destra del campanile, in cui è murata una pietra recante l’anno 1841, è visibile l’antico cimitero caratterizzato da una grande croce in pietra recante la scritta “Ici reposent nos ancêtres”.

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La Magdeleine in miniatura

Musei  -  La Magdeleine

La Magdeleine in miniatura, il plastico in rilievo in scala 1:87 che illustra fedelmente ogni più piccolo dettaglio del comune della Valle del Cervino, si può ora ammirare nella sua quasi interezza presso il Municipio.

Il suo creatore, Mario Castelli, “puro milanese di Porta Romana”, come lui stesso ama definirsi, pensionato-artista, ha scelto di vivere a La Magdeleine nel 1990, dopo aver lavorato a lungo come funzionario e tecnico vetraio per prestigiose ditte francesi e belghe; da circa vent’anni lavora quattro o cinque ore al giorno in una sala dell’edificio comunale per realizzare un capolavoro in miniatura, il modellino de La Magdeleine con i suoi cinque villaggi.

Tutto è stato riprodotto: la chiesa parrocchiale, i 200 edifici, il municipio, le aree verdi, le strade, i mulini, i ruscelli, persino i Magdeleins ed i villeggianti (alcuni si sono riconosciuti, affacciati ai balconi, mentre chiacchierano tra loro, o a passeggio con il cane…).

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Costume tipico di La Magdeleine

Tradizioni  -  La Magdeleine

Il costume di La Magdeleine riprende i vestiti delle feste usati dai contadini appartenenti al casato di Cly ramo della nobile famiglia feudale Challand.

Sul grembiule sono raffigurati, intrecciati, cinque fiori che simboleggiano i villaggi di La Magdeleine: la genzianella per Messelod, la margherita per Clou, l’anemone per Brengon, la rosa di macchia per Vieu, la stella alpina per Artaz. Il costume è completato da uno scialle in lana bianca e dalla cuffia sulla quale è ricamato solamente il fiore relativo al villaggio cui il costume si riferisce.

Sito archeologico sottostante la chiesa di Saint-Vincent

Archeologia  -  Saint-Vincent

Chiuso temporaneamente per lavori

Il sito archeologico sottostante la Chiesa parrocchiale di Saint-Vincent testimonia tracce di attività riconducibili già alla fine dell’età del bronzo / età del ferro.
In epoca romana (II - IV secc. d.C.) si riscontrano vari nuclei di strutture con funzione termale.
Dopo l’inizio del V secolo d.C. l’area fu occupata da sepolture orientate in senso est-ovest, tipiche della prima cristianità. La loro presenza sembra aver determinato la nascita di un primo edificio a carattere funerario, seguito da ulteriori fasi di sepolture nei secoli VII e VIII che precedono l’impianto della chiesa romanica.

Un apposito percorso di visita corredato di pannelli didattici divulgativi e di supporti multimediali condurrà il visitatore alla scoperta del sito.

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I raccard di Valmignanaz

Architettura  -  Saint-Vincent

La collina di Saint-Vincent annovera con orgoglio, nel corpo dei suoi numerosi villaggi, diversi raccard, granai con un’area centrale, per lavorare il grano, simili a quelli della Valle d’Ayas.

In effetti, nel XVII secolo e all’inizio del XVIII, su entrambi i versanti del Col di Joux, lavoravano gli stessi carpentieri. Inoltre, numerose famiglie intrattenevano rapporti e le abitazioni, fossero esse in pietra o in legno, appartenevano alla medesima area culturale.

I terreni nelle vicinanze dei villaggi della collina erano coltivati a cereali e fieno. A pochi passi dalle case si trovava un bacino idrico, scavato nella terra, che veniva riempito con l’acqua del Ru (Rio) della montagna, proveniente dai ghiacciai di Ayas. Il Ru Courthod passa proprio al Col di Joux, dopo aver percorso quasi 27 km lungo una pendenza assai dolce, attraverso i pascoli, i boschi e le rocce.

I villaggi di Lérinon, Crétamignanaz et Valmignanaz sono tra i meglio conservati. Consentono di compiere un percorso ad anello e osservare tre tipi di borghi abitativi: Lerinon con il suo forno per il pane e le sue grandi abitazioni in pietra dalle funzioni polivalenti; un po’ più in basso Crétamignanaz, un villaggio abbandonato, appartenente un tempo ad una sola famiglia e, infine, Valmignanaz che presenta diversi esempi di raccard con un’area di trebbiatura centrale, granai in aggetto e ceppi di sopraelevazione su una casa di due o tre piani in muratura, ospitante la stalla dabbasso e gli alloggi al piano superiore. Valmignanaz gode del vantaggio d’essere collocato sul ciglio della strada del Col di Joux e poter approfittare del parcheggio di Grun.

Ruderi del ponte romano

Architettura romana  -  Saint-Vincent

Le imponenti rovine, visibili lungo la statale per Montjovet, suggeriscono l’antica maestosità del ponte e ricordano come la via consolare delle Gallie attraversasse anche questa parte della valle.

Della costruzione originaria, sul torrente Cillian, rimane oggi soltanto la spalla di sinistra, poiché l’arcata centrale crollò nel 1839.

Notevole per il disegno elegante e rivestito di lastre squadrate di piccolo formato, il ponte doveva essere importante non solo per la naturale funzione di attraversamento, ma anche quale segno di potenza e di solidità costruttiva.

Chiesa di Moron

Chiese e santuari  -  Saint-Vincent

È situata nell’abitato di Moron, sulla collina di Saint-Vincent.

La sua struttura attuale, dall’ampia abside circolare, risale al XV secolo, allorché furono apportate importanti modifiche a un probabile preesistente edificio romanico. Essa ha conservato a lungo alcune prerogative delle chiese parrocchiali (funzioni festive e cimitero), pur non essendo mai stata parrocchia.

La volta dell’abside è segnata da una bella serie di costoloni di pietra. Restauri recenti hanno eliminato strutture e decorazioni moderne, tentando di restituire alla chiesa il suo aspetto originario.
In passato, nel giorno del lunedì di Pasqua, si svolgeva la cosiddetta “processione delle vigne”, che in quasi sei ore attraversava tutti i villaggi e le cappelle della collina di Saint-Vincent.
Oggi la chiesetta è dedicata a San Maurizio (festa patronale il 22 settembre).

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Chiesa parrocchiale di San Vincenzo

Chiese e santuari  -  Saint-Vincent

Edificata dai Benedettini nell’XI secolo, in stile romanico, la chiesa è stata oggetto di molteplici sovrapposizioni architettoniche, ma anche di significativi restauri moderni (1968 - 1972).

Essa sorge sulle strutture di un edificio romano, in cui si riscontrano nuclei di strutture con funzione termale, riportato alla luce in occasione di recenti restauri, e risalente al 300-400 d. C., forse una grande villa patrizia o un edificio pubblico che disponeva di un doppio sistema di riscaldamento ad aria soffiata sotto il pavimento, che provvedeva a riscaldare il “calidarium”.
Il sito archeologico sottostante è attualmente chiuso.

L’interno è di grande effetto per il contrasto netto tra la sobrietà dell’ambiente e la ricchezza della decorazione pittorica della zona absidale. La navata è scandita da una successione di colonne alternativamente quadrate, circolari e poligonali.

In origine la chiesa non aveva le volte (sono del 1696) né le grandi finestre attuali. Il tetto era retto da capriate in vista o con soffitto a cassettoni e la luce entrava, discreta, attraverso finestre alte, strette, centinate, a doppia strombatura. Anche l’arco a sesto acuto che sovrasta l’altare è posticcio, sebbene assai antico. L’arco trionfale che, probabilmente nel XIII secolo ha ristretto il catino absidale, ha sensibilmente ridotto l’area della sottostante cripta romanica, raccolta in mistica cappella sotterranea a tre piccole navate, ciascuna a tre arcate e le cui colonnine in pietra sorreggono capitelli risalenti all’VIII secolo.

Gli affreschi della chiesa più antichi sono quelli dell’absidiola nord, dovuti a Iacopo Jacquerio (o alla sua scuola), datati 1416.
Sempre nel XV secolo Giacomino da Ivrea dipinse l’arco trionfale con un ciclo di dottori della Chiesa, santi e profeti. Sopra questi dipinti, scialbati e intonacati, Filippo da Varallo eseguì verso la fine del XVI secolo le decorazioni che ancora si vedono (in parte, e grazie ai restauri degli anni ’70), e che a suo tempo ricoprivano interamente la conca presbiteriale.
Il Cristo in Croce del presbiterio è opera bronzea di Luciano Minguzzi.

Merita la visita il museo di arte sacra in fondo alla navata sinistra, che conserva sculture lignee, come il San Maurizio policromo del XV secolo proveniente dalla chiesa di Moron, ed altre opere d’arte che vanno dal XV al XVIII secolo, tra cui croci processionali, reliquiari e oggetti liturgici.

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Il santuario di Grun

Chiese e santuari  -  Saint-Vincent

Situato nel cuore della collina di Saint-Vincent.

La costruzione del santuario si deve all’idea concepita verso il 1720 dal sacerdote Pierre Bréan, già vice parroco del paese dal 1705 al 1713 e molto devoto alla Madonna. Con un accordo stipulato nel 1725 gli abitanti di Grun e Valmignana si impegnavano a fornire il terreno e i materiali necessari, mentre il reverendo Bréan si impegnava a pagare i lavori e ad arredare la cappella. Il tempio fu ultimato nel 1727; tra i partecipanti alla festa di inaugurazione vi era anche l’abate Jean-Baptiste Perret, che nel 1770 scoprirà la sorgente dell’acqua termale.
Il santuario diventò ben presto luogo di pellegrinaggio e furono sempre più numerosi gli ex voto, portati dai fedeli che avevano chiesto una grazia di guarigione o di conversione.

La chiesetta, ampliata nel 1864, ha una navata, un coro, una sacrestia e una piccola cantoria. Alle pareti, accanto alla Via Crucis, vi sono tantissimi ex voto; sull’altare in muratura, tra quattro colonne, c’era in passato un grande dipinto di Maria, rubato nel 1992. Oggi, su un ripiano, è posta una statua della Madonna, in legno di noce, dono di un devoto.
All’esterno, l’ingresso, rientrato rispetto alla muratura, forma un portico. Degno di nota è l’affresco eseguito da Mus, raffigurante la Vergine che accoglie con le braccia aperte i pellegrini.

Un tempo erano diverse le processioni dal borgo di Saint-Vincent al santuario di Grun; ricordiamo in particolare quella effettuata alla fine del mese di maggio e la processione “della pioggia”, fatta per chiedere la grazia della pioggia o della sua cessazione.

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La cappella di Cillian

Chiese e santuari  -  Saint-Vincent

Sorge nel cuore del villaggio, su di un terreno occupato in precedenza da un vecchio torchio comunitario.

Ultimata nel 1954, questa cappella di famiglia, dedicata ai Santi Innocenti, fu costruita per volontà dei coniugi Thérèse e Vincent Gorris, per onorare un voto espresso durante la seconda guerra mondiale.

La facciata è stata affrescata dal pittore valdostano Italo Mus. Sul lato nord, un’invocazione in francese invita il passante alla riflessione.
L’interno, completamente rivestito di ciottoli estratti dalla Dora, è molto raccolto. Nel coro, un grande dipinto su legno, opera di Italo Mus, mostra la Madonna, avvolta in un mantello rosso, nell’atto di schiacciare il serpente. Degni di nota sono anche i due altari (quello originario su cui è scolpito il Sacro Cuore e quello costruito secondo le disposizioni della riforma liturgica, rivolto verso i fedeli) e le due vetrate rappresentanti i santi patroni dei coniugi Gorris, Vincenzo e Teresa.

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La cappella di Tromen

Chiese e santuari  -  Saint-Vincent

È stata costruita per volontà degli abitanti di Écrivin, Moulin e di altre frazioni della zona sugli argini del Grand-Valey per invocare la protezione su un territorio soggetto agli straripamenti del torrente.

Dedicata dai fondatori a San Michele e, dopo l’ampliamento del 1747, a Nostra Signora delle Nevi, la cappella, nota in passato come il “Santuario”, aveva grande importanza per i residenti e a suo favore esistevano diversi “legati” (in particolare donazioni per la celebrazione delle messe). Il tempio, tuttavia, non disponeva di grandi rendite. Infatti, secondo un documento del 1866, il tesoriere della chiesa, per reperire i fondi necessari agli improrogabili interventi di restauro, convocò gli eredi degli antichi fondatori e ricordò loro un impegno sottoscritto nel 1747.

Degno di nota è il grande affresco che ricopre la facciata con scene del Giudizio Universale. Caratteristico è il piccolo campanile sul tetto aggettante.

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Sacrario dei Partigiani

Chiese e santuari  -  Saint-Vincent

Questa cappella si trova un paio di chilometri prima di arrivare al Col de Joux, partendo da Saint-Vincent.

I lavori di edificazione della cappella sacrario dei Partigiani di Amay vennero iniziati nel 1951 e si conclusero nel 1962 per volontà di un capo partigiano figlio di una tra le più vecchie e patriarcali famiglie di Saint-Vincent: Edoardo Page (1899-1977) che in questo modo volle riunire nell’attiguo cimitero, anche dopo la morte, alcuni “ragazzi” che con lui avevano combattuto. Sulla facciata è apposta una grande lastra in pietra su cui è scritto “Ai caduti per la libertà 9-9-1943 / 25-4-1945”.

L’edificio è costituito da una sola navata su cui troneggia un grande affresco, opera del maestro Lucio Bulgarelli, in cui sono raffigurate forme umane poste ai lati di un globo di fuoco e luce su cui da un arcobaleno che rappresenta la pace è scritta la parola “Libertà” e la data “1961”. Caratteristico è il campanile a sezione di cono, anch’esso totalmente in pietra.

La cappella è di proprietà privata; è aperta il 7 settembre di ogni anno per commemorare i partigiani caduti durante la Seconda Guerra Mondiale.

Coro Saint - Vincent

Gruppi folcloristici / bande / corali  -  Saint-Vincent

Il “Coro Saint-Vincent”, chiamato in origine “Coro Monte Zerbion”, è nato nel 1965 per volontà di un gruppo di amici appassionati del canto di montagna.
Il repertorio di questo Coro maschile spazia dai canti valdostani alle canzoni savoiarde, trentine e venete, comprende brani del patrimonio polifonico sacro e profano e composizioni originali dei maestri che si sono avvicendati alla sua guida.
Dal 2004 il Coro è diretto dal Maestro Corrado Margutti.
Il Coro ha partecipato ad importanti manifestazioni nazionali ed internazionali (in Francia, Svizzera e negli USA).

    (+39)3275581528
    3284265031
    v.pongan@libero.it waltergaspard@alice.it

Maura Susanna

Gruppi folcloristici / bande / corali  -  Saint-Vincent

La cantautrice Maura Susanna, considerata la voce più genuina dell’animo popolare valdostano, si è rivelata ancora dodicenne alla gara “Microfono libero” organizzata dai Padri Canossiani di Saint-Vincent. Nei primi anni ’70 partecipò con successo a diversi concorsi canori e nel ’73 una sua canzone fu inserita nel 33 giri compilation del “Cantagiugno Eporediese”.
Per qualche anno trascurò l’attività musicale per dedicarsi al teatro, in patois (ne “La veillà de Tsateilon”) e in italiano (nella compagnia “L’Arca” di Saint-Vincent).
Su invito di Luis de Jyaryot, tornò alla musica nel 1980 in occasione di un concerto di beneficenza per i terremotati della Campania. Nel 1982 fondò la cooperativa “Ambrokal” con Jyaryot, Bessolo, Bianchedi, Servodidio e i Trouveurs e nel 1983 pubblicò il 33 giri “Fables de nos jours”, dedicato alle canzoni di Maguì Bétemps, la prima cantautrice valdostana. In quel periodo cominciò ad esibirsi in Italia (Roma, Palermo, Bari, Foggia) e all’estero (Londra, Parigi, Tokyo).
Nel repertorio di Maura Susanna, accanto alle canzoni della cultura popolare valdostana, sono entrati brani popolari di tutto il mondo, cantati in francese, catalano, creolo, spagnolo e giapponese. L’intenzione è quella di cantare i sentimenti, gli stati d’animo di tutti gli uomini, utilizzando la musica, che è il linguaggio più universale.
Dal 1988 l’attività musicale di questa cantautrice di straordinario talento si è diradata per gli impegni legati alla gestione di un ristorante al Col de Joux. Il ’95 tuttavia è stato segnato da due eventi degni di nota: la pubblicazione del CD “Il viaggio” e l’incontro con Joan Baez.
Il successo dei concerti tenuti negli ultimi anni al cinema Giacosa per la “Saison Culturelle” o al “Palais Saint-Vincent”, nel settembre 99, testimonia il grande affetto che il pubblico valdostano nutre per Maura.
L’ultimo successo discografico dell’artista è stato l’album “Terra mia” del 2011.

Museo mineralogico e paleontologico

Musei  -  Saint-Vincent

Il Museo, creato dal gruppo mineralogico del Cenacolo Italo Mus nel 1978, ha come scopi principali quelli di raccogliere, classificare e far conoscere i minerali della Valle d’Aosta e numerosi cristalli e pietre dure provenienti da varie parti del mondo.

L’esposizione conta circa 750 pezzi, di cui gran parte provenienti dalle montagne vicine a Saint-Vincent, in particolare dal Monte Barbeston, da Emarèse, da Brusson e da Champorcher, siti notoriamente ricchi di minerali.
I pezzi più belli e rari provengono da miniere d’oro, di ferro, di magnetite e di amianto oggi dismesse. Molto interessanti i quarzi purissimi, i granati e rarissime vesuviane locali.

Il museo possiede inoltre una collezione di circa 170 fossili.

    (+39) 3395679736
    (+39) 3483238638
    cenacolo.saintvincent@gmail.com