Patrimonio culturale: Châtillon, Issogne, Montjovet, Saint-Vincent, Verrès

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Ponte romano

Architettura romana  -  Châtillon

Il ponte romano gettato sul torrente Marmore poggiava sulle sponde rocciose del torrente ed aveva un unico arco a tutto sesto di circa 15 metri di luce.

Costruito in blocchi squadrati di pietra locale, sulla superficie dei quali sono ancora chiaramente visibili i piccoli incavi per fissare le tenaglie con le quali gli elementi lapidei venivano sollevati.

La sua distruzione, secondo lo storico valdostano De Tillier, avvenne in occasione del ritiro delle truppe francesi nel 1691, ma lo troviamo rappresentato integro in una stampa, forse idealizzata, del 1797.

Castello Des Rives

Castelli e torri  -  Châtillon

Sulla collina morenica di Saint-Clair, a sud della stazione ferroviaria di Châtillon, si osservano una cappella del XVII° secolo ed alcuni resti di un antico muro perimetrale: è l’ultima vestigia del castello Des Rives, che aveva ai suoi piedi l’omonima borgata, già abbandonata nel 1242 perché troppo esposta alle alluvioni. Non esiste documentazione del maniero successiva a tale data.

Da documenti si apprende che alla cappella di Saint-Clair si recava processionalmente la comunità di Saint-Vincent fin verso la seconda metà del XVIII° secolo. L’ultimo tratto di strada era compiuto insieme ai parrocchiani di Châtillon. Dopo una breve funzione in quel luogo le due comunità, sempre in processione, si recavano nella chiesa di quel paese dove era celebrata una solenne santa messa. Nel pianoro sottostante la cappella di Saint-Clair era un tempo presente un agglomerato di case denominato Bourg des Rives che fu totalmente distrutto da una grande inondazione della Dora in epoca medievale.

    (+39) 0166560611

Castello di Ussel

Castelli e torri  -  Châtillon

Il castello di Ussel, posto su un evidente e scosceso promontorio, incombe da sud sull’abitato di Châtillon.
Costruito da Ebalo di Challant verso la metà del XIV secolo (dato confermato dall’analisi dendrocronologica), il Castello di Ussel rappresenta una svolta nell’architettura militare valdostana. Siamo infatti in presenza del primo esempio in Valle d’Aosta di castello monoblocco, ultima fase evolutiva del castello medievale, che segna il passaggio tra il contemporaneo castello di Fénis e le rigide forme di quello di Verrès.

Dopo essere passato più volte dagli Challant ai Savoia e viceversa, il castello venne utilizzato come prigione, fino al completo abbandono. Nel 1983 il barone Marcel Bich, dopo aver acquistato il castello dalla famiglia Passerin d’Entrèves, erede degli Challant, lo donò alla Regione, che ha provveduto al restauro e lo ha adibito a sede espositiva.

A pianta rettangolare di notevoli dimensioni, il castello presenta all’esterno una buona muratura con una fascia sommitale di archetti ciechi, assenti sul lato nord, e bellissime bifore, tutte diverse tra loro, con decorazioni floreali e geometriche. Agli angoli del lato sud (verso la montagna) si trovano due torrette cilindriche aggettanti, in origine collegate tra loro da un camminamento di ronda protetto da una merlatura. Sempre a sud, si trovava anche l’ingresso, sormontato da una caditoia. Il lato nord, che guarda verso Châtillon, presenta due torri quadrangolari leggermente sporgenti, tra le quali, al centro, si eleva il mastio, elemento simbolico della potenza del feudatario. All’interno rimangono i monumentali camini con grandi mensole, posizionati su una medesima linea ascendente in modo da sfruttare un’unica canna fumaria, nonché tracce delle scale e delle divisioni in piani.

Prima del restauro il maniero era pressoché ridotto allo stato di rudere, ma una puntuale indagine archeologica ha permesso di individuare e riproporre la reintegrazione delle lacune. Affiancato alle merlature, è stato attrezzato un percorso pedonale molto suggestivo, dal quale il visitatore può ammirare la piana di Châtillon ed i suoi edifici storici.

    (+39) 3669531109
    castellodiussel@gmail.com

Castello Gamba

Castelli e torri  -  Châtillon

Il castello è chiuso dal 9 al 12 dicembre 2024

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Il castello
Fu edificato nei primi anni del ’900 su progetto dell’Ingegner Carlo Saroldi, per volere di Charles Maurice Gamba, marito di Angélique d’Entrèves, figlia del conte Christin d’Entrèves. Dal 1982 è proprietà della Regione autonoma Valle d’Aosta.

La collezione di arte moderna e contemporanea
Dopo un importante intervento di restauro, oggi il castello ospita un percorso espositivo che si snoda attraverso 13 sale, in cui sono esposte oltre 150 opere tra dipinti, sculture, installazioni, raccolte grafiche e fotografiche, appartenenti ad una collezione regionale che va dalla fine dell’Ottocento fino ai nostri giorni.
A fianco delle opere dei maestri del ‘900 tra le quali sculture di Martini, Mastroianni, Manzù, Arnaldo e Giò Pomodoro e dipinti di Casorati, De Pisis, Carrà, Guttuso, la collezione documenta la produzione figurativa italiana della seconda metà del secolo sino ad esponenti della ricerca contemporanea come Schifano, Baruchello, Rama, Mainolfi.
Un’ampia scelta di opere testimonia inoltre con varietà i movimenti che hanno animato la scena artistica italiana negli ultimi 25 anni: sono rappresentati ad esempio l’Informale, l’Astrattismo geometrico, la Transavanguardia e la Pop Art. Particolare rilievo è dato al territorio valdostano attraverso l’attività degli artisti locali, o attivi nella Valle su committenza regionale.

Da visitare sia per l’apprendimento sia per lo svago, l’esposizione offre una serie di servizi pensati per avvicinare diverse fasce di visitatori (famiglie, adulti, scuole, bambini, giovani) all’arte moderna e contemporanea attraverso attività di laboratorio, visite guidate ed eventi.

Guarda il video con una selezione delle opere esposte.

Il parco
Il castello è circondato da un parco all’inglese che si estende su una superficie totale di 50.400 metri quadrati, dove vivono circa centocinquanta alberi di specie diverse. Al suo interno si trovano tre alberi monumentali: la Sequoia gigante della California, il Cipresso calvo e lo Spino di Giuda.

    0166.563252
    info.castellogamba@regione.vda.it

Castello Passerin d'Entrèves

Castelli e torri  -  Châtillon

Il Castello di Châtillon si trova alle spalle della chiesa parrocchiale, immerso in un bel parco.

Pare che risalga all’epoca romana, poiché il nome stesso di Châtillon trae origine da “castrum” (=“castello”), e indica quindi una località in cui doveva esserci una fortezza romana.

Dopo essere passato tra le mani di diverse famiglie nobiliari, alla fine del XIV secolo il castello divenne proprietà dei Visconti di Aosta, in seguito divenuti Signori di Challant. Nel 1400 Jean de Challant lo fece ingrandire. Di quest’epoca rimangono ancora la sala dell’archivio con il soffitto in legno e gli affreschi delle pareti, simili a quelli del castello di Fénis.

Nel 1435, François di Challant, che non aveva avuto figli maschi, contravvenendo alla legge salica si fece autorizzare dai Savoia a fare testamento a favore delle figlie. Catherine ne divenne dunque l’erede, ma gli altri membri della famiglia richiesero nuovamente l’intervento del Duca di Savoia che, allora, nominò nuovo erede Jacques de Challant, nipote di Jean, e dichiarò ribelli Catherine e il suo sposo Pierre d’Introd. I due, decisi a resistere, fortificarono il castello di Châtillon, ma poco dopo dovettero arrendersi all’esercito di Jacques, che demolì le mura di cinta e danneggiò seriamente il maniero.

Da Jacques il castello passò a Louis che lo restaurò completamente. Nel 1502 il suo successore Philibert, in occasione del battesimo del figlio René, fece decorare l’interno della cappella di levante con i dipinti tuttora esistenti.
Nel 1678 Georges de Challant fece decorare l’arcata di vetro della cappella con l’effigie della Sacra Sindone, in ricordo del fatto che la preziosa reliquia, durante il suo trasferimento da Chambéry a Torino, venne qui depositata.

Nel 1717 Paolina Solaro di Govone, moglie di Georges-François, intraprese la terza ricostruzione del castello. Modificato e ampliato, non solo cambiò il suo aspetto esterno ma divenne anche molto più confortevole. A Paolina si deve anche la realizzazione del viale dei tigli e del giardino alla francese.

Nel 1755 ci fu un terremoto che danneggiò gravemente il castello e solo nel 1769 Charles-François-Octave poté cominciare la ricostruzione del tetto e della mura. Nel 1770 la Contea passò a François-Maurice che morì un anno dopo la nascita del suo unico figlio Jules-Hyacinthe. Quest’ultimo ne divenne quindi l’erede universale sotto la tutela della madre Gabriella Canalis di Cumiana; ma il 2 maggio 1802, all’età di sette anni, anche l’ultimo dei discendenti dei Challant morì.

Nel 1814, dopo 18 anni di vedovanza, Gabriella sposò Aimé Passerin d’Entrèves il quale nel 1841, dopo la morte della moglie, ereditò tutto il patrimonio degli Challant.

I suoi discendenti fecero demolire la torre esagonale situata all’ingresso ed il ponte levatoio sostituendoli con l’edificio del custode, la serra e le stalle e fecero costruire una torretta finestrata per illuminare la grande scalinata che conduce al piano superiore e delimitarono il parco con una recinzione.

Il castello è privato ed aperto al pubblico soltanto in occasioni particolari, mentre è possibile visitare il parco.

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Cappella di San Francesco d'Assisi presso il convento dei Cappuccini

Chiese e santuari  -  Châtillon

La cappella dei Cappuccini racchiude secoli di storia; nel 1626 il Barone Paul Emmanuel di Challant, con atto del 22 marzo, cedette all’ordine una casa affinché vi fondasse un convento. Nel 1633, dopo lavori di sistemazione e di adeguamento, vi si insediarono i primi frati cappuccini.
Annessa alla casa trasformata poi in convento sorgeva una cappella dedicata a San Grato, il potente taumaturgo cui si ricorreva per sanare malattie, guerre e carestie. Giudicata troppo piccola, la cappella fu completamente riedificata fra il 1635 e il 1642 e dedicata a San Francesco d’Assisi, raffigurato su un bell’altare ligneo che si può ammirare ancor’oggi al suo interno, insieme agli stemmi delle famiglie Challant e Passerin d’Entrèves.

La Rivoluzione Francese portò alla soppressione di molte istituzioni monastiche e nel 1802, dopo i conventi di Aosta e Morgex, fu la volta anche di quello di Châtillon: i frati furono cacciati e l’edificio utilizzato come magazzino per le truppe.

Dopo varie traversie ed utilizzi, nel 1895 il Vescovo di Aosta, Mons JosephAuguste Duc, acquistò l’edificio dal Comune ed il convento ospita attualmente l’unica Comunità di Cappuccini in Valle d’Aosta.

    (+39) 0166.61471
    chatillon@cappuccinipiemonte.com

Chiesa parrocchiale di San Pietro

Chiese e santuari  -  Châtillon

Anche se la tradizione vuole che la sua fondazione sia molto antica, addirittura risalente al passaggio di San Pietro nel corso della sua missione di evangelizzazione delle Gallie, Il primo documento attestante l’esistenza della Parrocchia di Châtillon risale al XII° secolo e ben poco rimane della primitiva architettura.

L’attuale chiesa è stata inaugurata nel 1905. Le pitture della volta nella navata centrale rappresentano Maria Assunta in cielo e S. Pietro eseguiti tra il 1904 ed il 1905 dai fratelli Alessandro e Augusto Artari di Verrès.

All’interno si può visitare un piccolo museo d’arte sacra, sito al lato sinistro del presbiterio, con alcuni preziosi oggetti liturgici (tra i quali un prezioso ostensorio a tempietto gotico del XVI° secolo e un reliquiario in rame argentato del XV° secolo), statue lignee di santi del XV° secolo e paramenti sacri del XVI-XVIII secolo.

    0166.563040
    parrocchiachatillon@gmail.com

Santuario della Madonna delle Grazie

Chiese e santuari  -  Châtillon

Collocato all’estremità occidentale del ponte romano sul torrente Marmore, è stato interamente ristrutturato nel XIX secolo.

All’interno si trovano alcuni ex-voto.
Ogni anno, in occasione della festa del santuario l’8 settembre, si svolge la tradizionale benedizione dei bambini: la Madonna delle Grazie è infatti invocata a protezione dei più piccoli.

    (+39) 0166.563040
    parrocchiachatillon@gmail.com

Museo del miele

Musei  -  Châtillon

Situato all’interno dell’ex hotel Londres, nei pressi del municipio, il museo ospita un’esposizione di vecchi attrezzi dell’apicoltura valdostana.

    (+39) 0166560627

Castello di Issogne

Castelli e torri  -  Issogne

Il castello è chiuso dall'11 al 25 novembre 2024

La raffinata dimora di Giorgio di Challant,  nonostante il suo aspetto esterno austero e modesto, custodisce al suo interno secoli di storia e splendidi capolavori: ammira i suoi splendidi affreschi e la suggestiva fontana del melograno. 

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La storia

Inizialmente dominio dei vescovi di Aosta, la proprietà passò successivamente nelle mani della famiglia Challant. Nel corso del tempo gli edifici esistenti furono ampliati ed uniti, fino alla trasformazione radicale avvenuta tra il 1490 circa e il 1510 ad opera di Giorgio di Challant, priore di Sant’Orso, che ne fece una sontuosa dimora per la cugina Margherita de La Chambre ed il figlio Filiberto. Fu allora che il castello assunse l’aspetto attuale, diventando un unico palazzo a ferro di cavallo, affacciato su un ampio cortile e un giardino all’italiana, sul cui alto muro di cinta furono dipinti personaggi importanti ed eroi; il porticato al piano terreno fu ornato da una serie di lunette affrescate con scene di vita quotidiana e rappresentazioni di botteghe, mentre al centro del cortile sorse la celebre fontana in ferro battuto detta del Melograno, simbolo di prosperità. Sempre in quel periodo molti ambienti interni furono decorati con affreschi, sia nelle zone di rappresentanza, quali la Sala di Giustizia o la Cappella, sia nelle stanze più private, tra cui gli oratori di Margherita de La Chambre o di Giorgio di Challant. Dopo i fasti del Cinquecento, la residenza si avviò verso un progressivo declino e nel 1872 fu venduta all’asta pubblica: acquistata dal pittore torinese Vittorio Avondo, divenne oggetto di un’attenta campagna di restauro che le restituì l’antico splendore. Donato allo Stato nel 1907, oggi il castello appartiene alla Regione Autonoma Valle d’Aosta e si presenta con alcuni elementi dell’originale mobilia ed altri arredi rifatti alla fine dell’Ottocento, che insieme a numerosi oggetti d’uso domestico ripropongono l’ambientazione tardo quattrocentesca voluta da Avondo.

La visita

Entrando nel palazzo ci si trova nel cortile, attorniato da edifici sulle cui pareti sono ritratti gli stemmi del casato Challant e delle famiglie con esso imparentate. Oltrepassata la fontana del melograno si prosegue verso l’androne: gli affreschi nelle lunette del porticato rappresentano con notevole realismo la vita quotidiana del borgo, raffiguranti il corpo di guardia, la bottega del beccaio e del fornaio, il mercato di frutta e verdura, il sarto, lo speziale e il pizzicagnolo.
In seguito, si procede alla visita dell’interno del castello:

  • al pianterreno, la sala da pranzo, la cucina, e la sala baronale, in cui si possono ammirare un bel camino in pietra recante sulla cappa lo stemma dei Challant affiancato da un leone e da un grifone, pitture sulle travi lignee del soffitto e le pareti affrescate con paesaggi, scene di caccia ed il Giudizio di Paride;
  • al primo piano, la cappella, dalle volte a ogiva finemente decorate, con affreschi alle pareti e con l’altare gotico in legno intagliato e dorato adorno di un trittico fiammingo e la camera della Contessa, con l’oratorio ornato di pitture;
  • al secondo piano, la stanza detta “del re di Francia”, con il soffitto a cassettoni decorato da gigli e un camino che reca sulla cappa lo scudo della dinastia francese dei Valois, e quella detta dei “Cavalieri di San Maurizio” con il bel soffitto a cassettoni su cui è dipinta la croce di quest’ordine.
    A poca distanza dal castello sorgono ancora i ruderi della colombaia.

L’appartamento di Avondo

Dal 2018 un allestimento emozionale dedicato a Vittorio Avondo, illustre proprietario del maniero di Issogne, valorizza ed arricchisce l’offerta del castello mettendone in risalto le vicende tardo-ottocentesche con una serie di pannelli, soluzioni multimediali ed elementi di suggestione poetica.
Nato a Torino nel 1836 e dedicatosi fin da giovane alla pittura, Avondo è considerato uno dei migliori rappresentanti del paesaggismo piemontese del XIX secolo. Dopo un periodo vissuto a Roma, che trascorse a dipingere soprattutto paesaggi della campagna laziale di ispirazione naturalista, si dedicò allo studio dell’arte antica e nel 1865 curò il riordinamento del museo del Bargello di Firenze. Successivamente tornò a Torino, dove dal 1891 assunse l’incarico di direttore del Museo Civico.
L’acquisto ed il restauro, insieme ad Alfredo D’Andrade, del castello d’Issogne, gli permisero di ampliare le sue competenze e collezioni di arte medievale, che lo portarono a collaborare con lo stesso D’Andrade alla costruzione del Borgo medievale a Torino (1884).

    (+39) 0125929373

Cappella del Saint-Suaire

Chiese e santuari  -  Issogne

Questa cappella si trova in prossimità del ponte che collega Issogne con Verrès, lungo l’itinerario escursionistico Cammino Balteo.
Fu fatta costruire intorno al 1560 dal conte Renato di Challant che, nella qualità di luogotenente dei Savoia a Chambéry, era il custode della Santa Sindone (in francese Saint Suaire) prima del trasferimento di quest’ultima a Torino.
Nel XVI secolo era meta, nel periodo pasquale, di una processione che partiva dalla cappella interna del castello.

    0125/929333

Cappella di Saint-Solutor

Chiese e santuari  -  Issogne

La Cappella di Saint-Solutor presenta su una parete esterna una serie di archetti pensili che ne permettono la datazione al XII secolo.
La facciata conserva degli affreschi attribuiti allo stesso pittore della chiesa di San Martino di Arnad e datati 1427. Sono rappresentati San Cristoforo, San Francesco d’Assisi e la Vergine sul trono con il Bambino.
All’interno, rimaneggiato nel XVIII° secolo, si può ammirare un bell’altare in legno scolpito, pitturato e dorato, depredato purtroppo di qualche elemento decorativo.
Alla cappella è annesso un antichissimo cimitero.

    0125/929333

Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Assunta

Chiese e santuari  -  Issogne

Nel Medioevo l’edificio si trovava addossato alla facciata del castello, ma in occasione di una visita pastorale nel 1528 il vescovo, d’accordo con Renato di Challant, dette ordine di costruire la chiesa altrove. Per l’avvio dei lavori si dovettero tuttavia aspettare due secoli, e la nuova chiesa vide la luce nel 1736. Il campanile della chiesa più antica divenne torre d’angolo del castello.
La facciata della chiesa è di stile neoclassico, con colonne quadrate addossate alla muratura e un timpano triangolare nella parte superiore. L’interno è decorato da affreschi moderni dovuti a Luciano Bartoli (1972). In fondo alla chiesa è collocata una grande campana datata 1389, tra le più antiche che si conoscano nella nostra regione.

    0125/929333

L'acqua della Madonna

Leggende  -  Issogne

Tanti anni fa, scavando un pozzo a Bosset, in quel d’Issogne, un contadino rinvenne, interrata a notevole profondità, una statua della Madonna. Quando la estrasse dalla buca, dal suolo scaturì una sorgente. L’acqua era così abbondante da bastare a soddisfare le necessità del paese, fino a quel giorno scarseggiante di risorse idriche. Per ringraziare il cielo del dono della fonte, i paesani costruirono una cappella, ove la statua della Madonna fu collocata con tutti gli onori.

Mulino di Arlaz

Architettura  -  Montjovet

L’immobile fu edificato da privati probabilmente nei primi anni del 1800 per essere utilizzato dagli abitanti dei villaggi limitrofi.
Il luogo, che si credeva stregato, ha anche ispirato un’antica leggenda.

Dopo anni di abbandono, il mulino è stato restaurato. Nell’angolo del fabbricato, appoggiata al muro, una macina della quale a suo tempo uno scalpellino aveva iniziato la lavorazione.

Gran parte delle strutture lignee mobili che permettevano al mulino di funzionare nel corso degli anni sono state trafugate. All’interno del fabbricato, in posizione simile a quella originaria, solamente una grande macina in pietra con il suo albero ligneo che risultava fortunatamente ancora recuperabile.

Il fabbricato testimonia il suo passato di vita e cultura contadina attraverso alcune iniziative di interesse turistico che ne consentono la visita.

Castello di Chenal

Castelli e torri  -  Montjovet

Il castello, costruito non prima del XIII sec. a pianta rettangolare, apparteneva ai signori di Montjovet. Solo più tardi, in seguito al matrimonio di Ebalo il Grande con Alexie di Chenal, divenne possedimento degli Challant: in questo modo i due casati potevano così controllare i passaggi sulla strada tra Chenal ed il castello di Montjovet.
Oggi il castello, che si trova lungo il percorso della Via Francigena e del Cammino Balteo, è ridotto a rudere.

    0166/79131
    protocollo@comune.montjovet.ao.it

Castello di Saint Germain

Castelli e torri  -  Montjovet

Il castello svolse un ruolo importante nella storia della Valle d’Aosta. Era tra i più strategici della regione per la sua posizione elevata che gli permetteva facilmente di controllare e difendere il borgo sottostante e la valle centrale.

Del suo aspetto originario rimangono poche tracce e non si conosce con certezza la data di costruzione.

Intorno alla fine del XIII secolo i Savoia ne divennero proprietari, sostituendosi alla famiglia Montjovet. Come già era avvenuto per Bard, anche in questo caso il pretesto era fornito dai soprusi che Feidino di Montjovet operava nei confronti dei valligiani e dei viandanti. Ceduto successivamente alla famiglia Challant, ritornò nei domini sabaudi nel 1438, quando Amedeo VII vi installò una guarnigione che rimase attiva fino al 1661, quando fu trasferita al forte di Bard, lasciando il castello di Montjovet preda del degrado.

Ancora oggi la sua torre connota il paesaggio e svetta dall’altura che in epoca romana era nota come Mons Jovis. Un cancello impedisce l'accesso all'area per pericolo di crolli.

    0166/79131
    protocollo@comune.montjovet.ao.it

Chiesa di San Rocco nel Borgo

Chiese e santuari  -  Montjovet

È la chiesa più antica di Montjovet e la più ricca di valori storico-artistici, avendo svolto per almeno cinque secoli le funzioni di chiesa parrocchiale.

È posta all’uscita del vecchio capoluogo, su uno sperone a strapiombo sulla Dora Baltea, costeggiata da una strada che prende subito dopo a inerpicarsi: fino alla costruzione della Mongiovetta (1771), era questa l’unica via carrozzabile che collegava la Bassa Valle alla conca di Saint Vincent e, dunque, al resto della regione.
La costruzione della chiesa, dedicata in origine a Santa Maria, risale al XI-XII secolo. L’edificio fu però successivamente rimaneggiato più volte; infine fu demolito e poi ricostruito più grande e riconsacrato il 2 maggio 1700, quando fu dedicato a S. Rocco.

Alla chiesa precedente appartiene il grazioso campanile, con aperture a bifore e cuspide esagonale. L’interno, ad unica navata con volte a vela, conserva opere di pregio. L’altare maggiore, del XVII secolo, presenta affiancate colonnine scanalate classicheggianti e altre, tortili, di stile barocco.
Nella nicchia centrale, sotto la colomba, è collocata la quattrocentesca statua della Madonna in trono con Bambino; nelle nicchie laterali sono visibili le statue di san Grato (a sinistra), vescovo di Aosta e patrono della diocesi, e di un santo Papa (a destra); nel fastigio, all’interno del timpano, un busto del Padre Eterno benedicente.
Alla sinistra dell’altare maggiore è conservato un grande Crocifisso in legno, applicato su una croce, ricoperta di lamina di ferro, attribuito al XIV secolo.
Alle pareti che dividono la navata dal presbiterio, sono collocati due altari laterali (XVI-XVII sec.).
Quello di sinistra è dedicato a S. Nicola vescovo e conserva statue cinquecentesche: S. Nicola nella nicchia centrale, S. Giacomo Maggiore e un santo vescovo ignoto in quelle laterali, S. Antonio abate in alto al centro del timpano). Quello di destra è dedicato alla Madonna del Rosario; vi campeggia una tela con la Vergine e i santi Domenico, Caterina da Siena, Antonio abate e Carlo Borromeo, attorniati dai riquadri con i quindici Misteri.
La separazione tra la navata e il presbiterio è segnata, in alto, dalla trave dell’arco trionfale, sormontata da un Crocifisso (sec. XVII).
All’interno della chiesa si segnalano inoltre due grandi tele dipinte, una raffigurante il martirio di S. Sebastiano (XVII sec.), l’altra la Madonna col Bambino, tra i santi Giuseppe e Antonio da Padova e tre angeli che reggono la Sindone, un affresco datato 1742 raffigurante la Madonna della Mercede e una croce astile in rame argentato del sec. XV, ricca di simboli, fiori e raffigurazioni di angeli e di santi.

    0166/579001

Chiesa di Santa Barbara e Sant'Eusebio

Chiese e santuari  -  Montjovet

L’edificio, a pianta rettangolare ad una sola navata, è situato nella frazione Plangerp. L’altare maggiore, in legno intagliato e in parte dorato, è del sec. XVIII. Nella tela figurano la Madonna e i santi Pietro ed Eusebio. I due altari laterali, settecenteschi, sono dedicati a San Leodegario e a Santa Barbara.

    0166/579001

Chiesa parrocchiale della Natività di S. Maria

Chiese e santuari  -  Montjovet

La storia della parrocchia di Montjovet è molto complessa. Nella bolla del papa Alessandro III del 20 aprile 1176 è menzionata tra le chiese dipendenti dal vescovo di Aosta la “ecclesia sancti Eusebii de Plubeio”, ubicata verosimilmente nella piana di Montjovet. Il toponimo Publey compare anche tra le tappe del viaggio da Canterbury a Roma compiuto dall’abate Sigerico nell’anno 990 lungo la via detta “francigena”. Due ospedali, fondati nel Borgo e nel villaggio di Plout, garantivano nel Medioevo l’assistenza ai viandanti. Non si conosce il punto preciso in cui doveva trovarsi la parrocchiale di S.Eusebio, forse distrutta con numerose altre case da una enorme frana che nel sec. Xlll sconvolse la collina di Montjovet, modificando la topografia della zona e l’asse viario principale. La sede della parrocchia fu forse già allora trasferita nel Borgo, la cui chiesa, dedicata alla Madonna, conserva ai nostri giorni alcuni elementi gotici. All’inizio del XV sec. fu costruita una chiesa succursale in onore di S. Eusebio e S. Leodegario (Léger) vicino alla Dora, in località Savi, ma anche questa fu distrutta, assieme al cimitero, da una inondazione nell’ottobre del 1586. Verso il 1590 in località Plangerp fu costruita un’altra succursale, dedicata come la chiesa più antica a S. Eusebio. Vi si celebravano le Messe festive e i funerali. La parrocchia di Montjovet, originariamente amministrata da sacerdoti diocesani, fu ceduta nel 1433 alla prevostura di Saint-Gilles di Verrès, alle cui dipendenze rimase, tra numerose controversie, fino alla metà del Settecento, allorché passo nuovamente nelle mani del vescovo di Aosta. Per un certo periodo, al tempo della dipendenza da Saint-Gilles, il diritto di nomina del parroco fu detenuto dalla nobile famiglia Challant.

L’attuale chiesa parrocchiale, sotto il titolo della Natività di Maria Vergine, costruita intorno al 1830, fu consacrata il 3 maggio 1837. E’ un edificio a pianta rettangolare ad unica navata, molto luminosa con abside circolare. Dell’arredo interno, risalente al secolo scorso, l’oggetto di maggior pregio è senza dubbio l’organo, dovuto alla ditta Carlo Vegezzi-Bossi (1897).
Rimaneggiato più volte nel tempo, fu riportato alle condizioni originali in occasione del restauro del 1990.
Il campanile fu costruito nel 1832 ad alcuni metri di distanza dalla chiesa, sopra uno sperone di roccia. Nella cella campanaria, aperta da quattro ampie monofore, sono collocate cinque campane, una delle quali, datata 1522, proviene dalla chiesa del Borgo. Dalla piazzetta adiacente si può ammirare con un unico colpo d’occhio il bel complesso formato dalla chiesa, dal campanile e dalla casa parrocchiale, una costruzione dell’epoca napoleonica in cui ha avuto sede nel passato anche il municipio.

    0166/579001

La leggenda del mulino d'Arlaz

Leggende  -  Montjovet

Sulle rive del “ru” d’Arlaz, un luogo che si diceva fosse stregato, sorgeva un mulino.

L’ultimo mugnaio, un uomo solitario e taciturno, con il suo brusco comportamento fece nascere una cattiva fama e si diffusero sul suo conto strane dicerie. Per questa ragione la gente smise di portagli il grano da macinare; inoltre, nessuno osava aggirarsi nei pressi del mulino dopo il tramonto.

Un giorno d’autunno, alcuni operai che tornavano da Émarèse scorsero un uomo, morto strangolato, con il collo stretto fra due pioli della palizzata che recintava il mulino. Lo spazio fra un piolo e l’altro era assai esiguo e non si capiva in che modo la testa dell’uomo fosse potuta passarvi.
Subito corse voce che fosse opera del mugnaio. Da allora la fama sinistra del luogo aumentò.
Ancora adesso si dice che l’anima del mugnaio vaghi per quei luoghi senza trovare pace.

Sito archeologico sottostante la chiesa di Saint-Vincent

Archeologia  -  Saint-Vincent

Chiuso temporaneamente per lavori

Il sito archeologico sottostante la Chiesa parrocchiale di Saint-Vincent testimonia tracce di attività riconducibili già alla fine dell’età del bronzo / età del ferro.
In epoca romana (II - IV secc. d.C.) si riscontrano vari nuclei di strutture con funzione termale.
Dopo l’inizio del V secolo d.C. l’area fu occupata da sepolture orientate in senso est-ovest, tipiche della prima cristianità. La loro presenza sembra aver determinato la nascita di un primo edificio a carattere funerario, seguito da ulteriori fasi di sepolture nei secoli VII e VIII che precedono l’impianto della chiesa romanica.

Un apposito percorso di visita corredato di pannelli didattici divulgativi e di supporti multimediali condurrà il visitatore alla scoperta del sito.

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I raccard di Valmignanaz

Architettura  -  Saint-Vincent

La collina di Saint-Vincent annovera con orgoglio, nel corpo dei suoi numerosi villaggi, diversi raccard, granai con un’area centrale, per lavorare il grano, simili a quelli della Valle d’Ayas.

In effetti, nel XVII secolo e all’inizio del XVIII, su entrambi i versanti del Col di Joux, lavoravano gli stessi carpentieri. Inoltre, numerose famiglie intrattenevano rapporti e le abitazioni, fossero esse in pietra o in legno, appartenevano alla medesima area culturale.

I terreni nelle vicinanze dei villaggi della collina erano coltivati a cereali e fieno. A pochi passi dalle case si trovava un bacino idrico, scavato nella terra, che veniva riempito con l’acqua del Ru (Rio) della montagna, proveniente dai ghiacciai di Ayas. Il Ru Courthod passa proprio al Col di Joux, dopo aver percorso quasi 27 km lungo una pendenza assai dolce, attraverso i pascoli, i boschi e le rocce.

I villaggi di Lérinon, Crétamignanaz et Valmignanaz sono tra i meglio conservati. Consentono di compiere un percorso ad anello e osservare tre tipi di borghi abitativi: Lerinon con il suo forno per il pane e le sue grandi abitazioni in pietra dalle funzioni polivalenti; un po’ più in basso Crétamignanaz, un villaggio abbandonato, appartenente un tempo ad una sola famiglia e, infine, Valmignanaz che presenta diversi esempi di raccard con un’area di trebbiatura centrale, granai in aggetto e ceppi di sopraelevazione su una casa di due o tre piani in muratura, ospitante la stalla dabbasso e gli alloggi al piano superiore. Valmignanaz gode del vantaggio d’essere collocato sul ciglio della strada del Col di Joux e poter approfittare del parcheggio di Grun.

Ruderi del ponte romano

Architettura romana  -  Saint-Vincent

Le imponenti rovine, visibili lungo la statale per Montjovet, suggeriscono l’antica maestosità del ponte e ricordano come la via consolare delle Gallie attraversasse anche questa parte della valle.

Della costruzione originaria, sul torrente Cillian, rimane oggi soltanto la spalla di sinistra, poiché l’arcata centrale crollò nel 1839.

Notevole per il disegno elegante e rivestito di lastre squadrate di piccolo formato, il ponte doveva essere importante non solo per la naturale funzione di attraversamento, ma anche quale segno di potenza e di solidità costruttiva.

Chiesa di Moron

Chiese e santuari  -  Saint-Vincent

È situata nell’abitato di Moron, sulla collina di Saint-Vincent.

La sua struttura attuale, dall’ampia abside circolare, risale al XV secolo, allorché furono apportate importanti modifiche a un probabile preesistente edificio romanico. Essa ha conservato a lungo alcune prerogative delle chiese parrocchiali (funzioni festive e cimitero), pur non essendo mai stata parrocchia.

La volta dell’abside è segnata da una bella serie di costoloni di pietra. Restauri recenti hanno eliminato strutture e decorazioni moderne, tentando di restituire alla chiesa il suo aspetto originario.
In passato, nel giorno del lunedì di Pasqua, si svolgeva la cosiddetta “processione delle vigne”, che in quasi sei ore attraversava tutti i villaggi e le cappelle della collina di Saint-Vincent.
Oggi la chiesetta è dedicata a San Maurizio (festa patronale il 22 settembre).

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Chiesa parrocchiale di San Vincenzo

Chiese e santuari  -  Saint-Vincent

Edificata dai Benedettini nell’XI secolo, in stile romanico, la chiesa è stata oggetto di molteplici sovrapposizioni architettoniche, ma anche di significativi restauri moderni (1968 - 1972).

Essa sorge sulle strutture di un edificio romano, in cui si riscontrano nuclei di strutture con funzione termale, riportato alla luce in occasione di recenti restauri, e risalente al 300-400 d. C., forse una grande villa patrizia o un edificio pubblico che disponeva di un doppio sistema di riscaldamento ad aria soffiata sotto il pavimento, che provvedeva a riscaldare il “calidarium”.
Il sito archeologico sottostante è attualmente chiuso.

L’interno è di grande effetto per il contrasto netto tra la sobrietà dell’ambiente e la ricchezza della decorazione pittorica della zona absidale. La navata è scandita da una successione di colonne alternativamente quadrate, circolari e poligonali.

In origine la chiesa non aveva le volte (sono del 1696) né le grandi finestre attuali. Il tetto era retto da capriate in vista o con soffitto a cassettoni e la luce entrava, discreta, attraverso finestre alte, strette, centinate, a doppia strombatura. Anche l’arco a sesto acuto che sovrasta l’altare è posticcio, sebbene assai antico. L’arco trionfale che, probabilmente nel XIII secolo ha ristretto il catino absidale, ha sensibilmente ridotto l’area della sottostante cripta romanica, raccolta in mistica cappella sotterranea a tre piccole navate, ciascuna a tre arcate e le cui colonnine in pietra sorreggono capitelli risalenti all’VIII secolo.

Gli affreschi della chiesa più antichi sono quelli dell’absidiola nord, dovuti a Iacopo Jacquerio (o alla sua scuola), datati 1416.
Sempre nel XV secolo Giacomino da Ivrea dipinse l’arco trionfale con un ciclo di dottori della Chiesa, santi e profeti. Sopra questi dipinti, scialbati e intonacati, Filippo da Varallo eseguì verso la fine del XVI secolo le decorazioni che ancora si vedono (in parte, e grazie ai restauri degli anni ’70), e che a suo tempo ricoprivano interamente la conca presbiteriale.
Il Cristo in Croce del presbiterio è opera bronzea di Luciano Minguzzi.

Merita la visita il museo di arte sacra in fondo alla navata sinistra, che conserva sculture lignee, come il San Maurizio policromo del XV secolo proveniente dalla chiesa di Moron, ed altre opere d’arte che vanno dal XV al XVIII secolo, tra cui croci processionali, reliquiari e oggetti liturgici.

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Il santuario di Grun

Chiese e santuari  -  Saint-Vincent

Situato nel cuore della collina di Saint-Vincent.

La costruzione del santuario si deve all’idea concepita verso il 1720 dal sacerdote Pierre Bréan, già vice parroco del paese dal 1705 al 1713 e molto devoto alla Madonna. Con un accordo stipulato nel 1725 gli abitanti di Grun e Valmignana si impegnavano a fornire il terreno e i materiali necessari, mentre il reverendo Bréan si impegnava a pagare i lavori e ad arredare la cappella. Il tempio fu ultimato nel 1727; tra i partecipanti alla festa di inaugurazione vi era anche l’abate Jean-Baptiste Perret, che nel 1770 scoprirà la sorgente dell’acqua termale.
Il santuario diventò ben presto luogo di pellegrinaggio e furono sempre più numerosi gli ex voto, portati dai fedeli che avevano chiesto una grazia di guarigione o di conversione.

La chiesetta, ampliata nel 1864, ha una navata, un coro, una sacrestia e una piccola cantoria. Alle pareti, accanto alla Via Crucis, vi sono tantissimi ex voto; sull’altare in muratura, tra quattro colonne, c’era in passato un grande dipinto di Maria, rubato nel 1992. Oggi, su un ripiano, è posta una statua della Madonna, in legno di noce, dono di un devoto.
All’esterno, l’ingresso, rientrato rispetto alla muratura, forma un portico. Degno di nota è l’affresco eseguito da Mus, raffigurante la Vergine che accoglie con le braccia aperte i pellegrini.

Un tempo erano diverse le processioni dal borgo di Saint-Vincent al santuario di Grun; ricordiamo in particolare quella effettuata alla fine del mese di maggio e la processione “della pioggia”, fatta per chiedere la grazia della pioggia o della sua cessazione.

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La cappella di Cillian

Chiese e santuari  -  Saint-Vincent

Sorge nel cuore del villaggio, su di un terreno occupato in precedenza da un vecchio torchio comunitario.

Ultimata nel 1954, questa cappella di famiglia, dedicata ai Santi Innocenti, fu costruita per volontà dei coniugi Thérèse e Vincent Gorris, per onorare un voto espresso durante la seconda guerra mondiale.

La facciata è stata affrescata dal pittore valdostano Italo Mus. Sul lato nord, un’invocazione in francese invita il passante alla riflessione.
L’interno, completamente rivestito di ciottoli estratti dalla Dora, è molto raccolto. Nel coro, un grande dipinto su legno, opera di Italo Mus, mostra la Madonna, avvolta in un mantello rosso, nell’atto di schiacciare il serpente. Degni di nota sono anche i due altari (quello originario su cui è scolpito il Sacro Cuore e quello costruito secondo le disposizioni della riforma liturgica, rivolto verso i fedeli) e le due vetrate rappresentanti i santi patroni dei coniugi Gorris, Vincenzo e Teresa.

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La cappella di Tromen

Chiese e santuari  -  Saint-Vincent

È stata costruita per volontà degli abitanti di Écrivin, Moulin e di altre frazioni della zona sugli argini del Grand-Valey per invocare la protezione su un territorio soggetto agli straripamenti del torrente.

Dedicata dai fondatori a San Michele e, dopo l’ampliamento del 1747, a Nostra Signora delle Nevi, la cappella, nota in passato come il “Santuario”, aveva grande importanza per i residenti e a suo favore esistevano diversi “legati” (in particolare donazioni per la celebrazione delle messe). Il tempio, tuttavia, non disponeva di grandi rendite. Infatti, secondo un documento del 1866, il tesoriere della chiesa, per reperire i fondi necessari agli improrogabili interventi di restauro, convocò gli eredi degli antichi fondatori e ricordò loro un impegno sottoscritto nel 1747.

Degno di nota è il grande affresco che ricopre la facciata con scene del Giudizio Universale. Caratteristico è il piccolo campanile sul tetto aggettante.

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Sacrario dei Partigiani

Chiese e santuari  -  Saint-Vincent

Questa cappella si trova un paio di chilometri prima di arrivare al Col de Joux, partendo da Saint-Vincent.

I lavori di edificazione della cappella sacrario dei Partigiani di Amay vennero iniziati nel 1951 e si conclusero nel 1962 per volontà di un capo partigiano figlio di una tra le più vecchie e patriarcali famiglie di Saint-Vincent: Edoardo Page (1899-1977) che in questo modo volle riunire nell’attiguo cimitero, anche dopo la morte, alcuni “ragazzi” che con lui avevano combattuto. Sulla facciata è apposta una grande lastra in pietra su cui è scritto “Ai caduti per la libertà 9-9-1943 / 25-4-1945”.

L’edificio è costituito da una sola navata su cui troneggia un grande affresco, opera del maestro Lucio Bulgarelli, in cui sono raffigurate forme umane poste ai lati di un globo di fuoco e luce su cui da un arcobaleno che rappresenta la pace è scritta la parola “Libertà” e la data “1961”. Caratteristico è il campanile a sezione di cono, anch’esso totalmente in pietra.

La cappella è di proprietà privata; è aperta il 7 settembre di ogni anno per commemorare i partigiani caduti durante la Seconda Guerra Mondiale.

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Coro Saint - Vincent

Gruppi folcloristici / bande / corali  -  Saint-Vincent

Il “Coro Saint-Vincent”, chiamato in origine “Coro Monte Zerbion”, è nato nel 1965 per volontà di un gruppo di amici appassionati del canto di montagna.
Il repertorio di questo Coro maschile spazia dai canti valdostani alle canzoni savoiarde, trentine e venete, comprende brani del patrimonio polifonico sacro e profano e composizioni originali dei maestri che si sono avvicendati alla sua guida.
Dal 2004 il Coro è diretto dal Maestro Corrado Margutti.
Il Coro ha partecipato ad importanti manifestazioni nazionali ed internazionali (in Francia, Svizzera e negli USA).

    (+39)3275581528
    3284265031
    v.pongan@libero.it waltergaspard@alice.it

Maura Susanna

Gruppi folcloristici / bande / corali  -  Saint-Vincent

La cantautrice Maura Susanna, considerata la voce più genuina dell’animo popolare valdostano, si è rivelata ancora dodicenne alla gara “Microfono libero” organizzata dai Padri Canossiani di Saint-Vincent. Nei primi anni ’70 partecipò con successo a diversi concorsi canori e nel ’73 una sua canzone fu inserita nel 33 giri compilation del “Cantagiugno Eporediese”.
Per qualche anno trascurò l’attività musicale per dedicarsi al teatro, in patois (ne “La veillà de Tsateilon”) e in italiano (nella compagnia “L’Arca” di Saint-Vincent).
Su invito di Luis de Jyaryot, tornò alla musica nel 1980 in occasione di un concerto di beneficenza per i terremotati della Campania. Nel 1982 fondò la cooperativa “Ambrokal” con Jyaryot, Bessolo, Bianchedi, Servodidio e i Trouveurs e nel 1983 pubblicò il 33 giri “Fables de nos jours”, dedicato alle canzoni di Maguì Bétemps, la prima cantautrice valdostana. In quel periodo cominciò ad esibirsi in Italia (Roma, Palermo, Bari, Foggia) e all’estero (Londra, Parigi, Tokyo).
Nel repertorio di Maura Susanna, accanto alle canzoni della cultura popolare valdostana, sono entrati brani popolari di tutto il mondo, cantati in francese, catalano, creolo, spagnolo e giapponese. L’intenzione è quella di cantare i sentimenti, gli stati d’animo di tutti gli uomini, utilizzando la musica, che è il linguaggio più universale.
Dal 1988 l’attività musicale di questa cantautrice di straordinario talento si è diradata per gli impegni legati alla gestione di un ristorante al Col de Joux. Il ’95 tuttavia è stato segnato da due eventi degni di nota: la pubblicazione del CD “Il viaggio” e l’incontro con Joan Baez.
Il successo dei concerti tenuti negli ultimi anni al cinema Giacosa per la “Saison Culturelle” o al “Palais Saint-Vincent”, nel settembre 99, testimonia il grande affetto che il pubblico valdostano nutre per Maura.
L’ultimo successo discografico dell’artista è stato l’album “Terra mia” del 2011.

Museo mineralogico e paleontologico

Musei  -  Saint-Vincent

Il Museo, creato dal gruppo mineralogico del Cenacolo Italo Mus nel 1978, ha come scopi principali quelli di raccogliere, classificare e far conoscere i minerali della Valle d’Aosta e numerosi cristalli e pietre dure provenienti da varie parti del mondo.

L’esposizione conta circa 750 pezzi, di cui gran parte provenienti dalle montagne vicine a Saint-Vincent, in particolare dal Monte Barbeston, da Emarèse, da Brusson e da Champorcher, siti notoriamente ricchi di minerali.
I pezzi più belli e rari provengono da miniere d’oro, di ferro, di magnetite e di amianto oggi dismesse. Molto interessanti i quarzi purissimi, i granati e rarissime vesuviane locali.

Il museo possiede inoltre una collezione di circa 170 fossili.

    (+39) 3395679736
    (+39) 3483238638
    cenacolo.saintvincent@gmail.com

La Murasse

Architettura  -  Verrès

E’ una grangia costituita da un grande edificio un tempo adibito a stalla e da una torre colombaia, circondati da una cinta muraria merlata. Una iscrizione posta su un muro della torre ne ricorda la costruzione, avvenuta nel 1512 a opera del prevosto Carlo di Challant. Fu la scuderia degli Challant.

E’ attualmente di proprietà dell’Amministrazione Regionale e ospita sedi espositive, la biblioteca comprensoriale e gli uffici della Comunità Montana.

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Castello di Verrès

Castelli e torri  -  Verrès

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La storia
Costruito su un picco roccioso che domina il sottostante borgo, il castello è citato per la prima volta nel 1287 come proprietà dei signori De Verretio. Un’iscrizione scolpita in caratteri gotici attesta che fu Ibleto di Challant nel 1390 a porre mano ai lavori che fecero assumere all’edificio l’aspetto attuale. Nel 1536 Renato di Challant rinnovò l’apparato difensivo del maniero, adattandolo all’uso delle moderne armi da fuoco. In questa occasione venne costruita una cinta muraria munita di cannoniere, di speroni a contrafforte e di torrette poligonali da offesa, idonei all’impiego delle spingarde e dei cannoni fusi nel feudo che il conte di Challant possedeva a Valangin, in Svizzera; l’ingresso fu reso più sicuro mediante la realizzazione dell’antiporta con il ponte levatoio e l’apertura di feritoie. Si provvide inoltre ad aprire nuove finestre a crociera, in aggiunta a quelle a tipo gotico a monofora e a bifora già esistenti, e nuove porte ad arco moresco, di evidente influsso spagnolo; gli interni furono arricchiti con nuovi arredi. Alla morte di Renato di Challant (1565) senza eredi di sesso maschile, il castello venne incamerato dai Savoia. Nel 1661 il duca Carlo Emanuele II ordinò di smantellare gli armamenti e di trasferirli al forte di Bard, punto strategico dove si concentrava la difesa della Valle d’Aosta.
Gli Challant riottennero il possesso della rocca nel 1696 e lo mantennero fino all’estinzione della casata, ai primi del XIX secolo. A quell’epoca il castello era abbandonato da quasi due secoli: il tetto, già in parte crollato, era stato demolito del tutto per evitare il pagamento del canone erariale, così che i piani superiori erano esposti alle intemperie e invasi dalle erbacce. Il salvataggio di questo castello, come per quelli di Issogne e di Fénis, si deve all’interesse di un gruppo di intellettuali piemontesi accomunati dalla passione per il Medioevo.

La visita
Superata l’antiporta che si apre nella cinta fortificata, accessibile anche a cavallo dal ponte levatoio, si incontra l’edificio destinato a corpo di guardia situato di fronte all’entrata del castello. Il portale di ingresso immette in un androne difeso da una caditoia dissimulata nella volta; una seconda porta, anticamente protetta da una saracinesca, dà accesso al cortile del castello. Attorno a questo ambiente quadrato il corpo dell’edificio è disposto ad anello su tre piani, collegati da un monumentale scalone in pietra impostato su archi rampanti. La regolarità geometrica della struttura e l’essenzialità della decorazione, affidata unicamente ai particolari in pietra verde e bianca lavorata, si intonano al carattere militare dell’edificio e denotano altresì l’eccellenza delle maestranze che operarono a Verrès.
Al piano terreno si aprono due grandi saloni simmetrici che occupano per intero i lati est e ovest del castello, mentre a sud è situata la cucina. Il salone orientale probabilmente in origine adibito a magazzino per l’artiglieria, è coperto da una volta a botte. Di maggior interesse è la sala d’armi sita a occidente, voltata a sesto acuto: essa presenta due camini monumentali dagli stipiti sagomati; il raddoppio delle murature e altri indizi emersi nel corso di un restauro attestano la sovrapposizione di più campagne costruttive.
I locali del primo piano, riservati ai signori del castello, sono illuminati da eleganti bifore di gusto trecentesco, più ampie di quelle degli altri piani. La grande sala da pranzo è collegata da un passavivande alla cucina padronale. Questo ultimo ambiente, dotato di tre grandi camini, presenta una volta in pietra a vele multiple rifatta ai tempi di Renato di Challant, l’unica copertura originale ancora esistente nel castello; degno di nota è anche il camino situato sul lato nord, di dimensioni eccezionali e riccamente decorato da modanature e pilastrini.
Al secondo piano (non visitabile) sono situati gi appartamenti di servizio, collegati da una scala in legno al piano delle caditoie.

Il castello ogni anno è il prestigioso palcoscenico del Carnevale Storico verreziese in cui si rievoca, tra storia e leggenda, l’epopea della contessa Caterina di Challant.

Guarda il video Alfredo d'Andrade e i castelli di Fénis e di Verrès

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Cappelle

Chiese e santuari  -  Verrès

CAPPELLA DEI SANTI BARBARA E GIACOMO - collocato nella Fraz. Torille, l’attuale edificio è databile alla seconda metà del XIX secolo. Esso non occupa la stessa posizione di quella fondata da Giacomo Peaquin nel 1647 e poi distrutta da un’alluvione. Vi si festeggia la ricorrenza di Santa Barbara il 4 Dicembre. Al suo interno si possono osservare arredi sacri di qualche interesse.

CAPPELLA DELL’ADDOLORATA - collocata in prossimità dell’imbocco della strada regionale per la Val d’Ayas, risale alla fine del ’600. Nel 1980 è stata sconsacrata ed è stata acquisita dal Comune, che l’ha adibita a sede dell’IAT e a centro espositivo.

CAPPELLA DI SAN GRATO - collocata nel villaggio di Rovarey, appena sopra Verrès, è stata ricostruita nel 1760 e presenta sulla facciata un affresco raffigurante San Giovanni Battista e la Deposizione.

CAPPELLA DI SAN ROCCO - fondata nel 1681, è situata all’estremità del “borgo” di Verrès, in direzione di Ivrea; il 6 agosto è la festa patronale, celebrata anche con una serata gastronomica per le vie del centro.

CAPPELLA DELLA MADONNA DELLE GRAZIE - è situata in via Martorey e risulta essere la più antica di Verrès, essendo stata fondata nel 1613. Il 28 agosto, Sant’Agostino, celebrazione della festa della cappella, con offerta di prodotti gastronomici denominati “Le buone cose di Martorey”.

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Prevostura di Saint-Gilles e chiesa parrocchiale

Chiese e santuari  -  Verrès

La tradizione fa risalire la fondazione del monastero al X secolo, ma i canonici di Sant’Egidio sono menzionati per la prima volta nel 1050. E’ sede della parrocchia, che comprende strutture realizzate tra l’XI e il XVIII secolo. L’edificio principale, in pietra a vista, e l’adiacente campanile maggiore furono edificati nel 1512 dal Prevosto Carlo di Challant.

L’attuale parrocchia di Sant’Egidio fu costruita invece nel 1775 sul luogo ove sorgeva la precedente chiesa romanica, di cui si conserva un semplice campaniletto. In quell’occasione il conte Francesco Ottavio di Challant consentì di unire alle strutture della chiesa preesistente la cappella dei Santi Giorgio e Maurizio, voluta nel 1407 dal cavaliere Ibleto di Challant come cappella sepolcrale di famiglia. Le strutture di tale cappella sono ancora oggi ben identificabili, dall’esterno per la magnifica trifora in pietra lavorata che campeggia sulla parete orientata verso il borgo, dall’interno per la volte gotiche a vela che sono state risparmiate dagli interventi settecenteschi.

Il 25 maggio 1800 il convento di Verrès ospitò, per la notte, Napoleone che con le sue truppe, scendendo dal Gran San Bernardo, attraversava la Valle dando inizio alla sua seconda campagna d’Italia.

Dal dicembre 2015 i pellegrini che percorrono la Via Francigena possono trovare accoglienza presso la Collegiata nella struttura denominata “La Casa del Pellegrino”.

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Coro Verrès

Gruppi folcloristici / bande / corali  -  Verrès

Il coro di Verrès è un gruppo corale maschile di canto a cappella che ha festeggiato i suoi sessant’anni d’attività nel dicembre 2011.
Diretto per ben 47 anni dal maestro Giuseppe Cerruti, dal 1998 il coro è sotto la direzione di Albert Lanièce.
Numerose sono le partecipazioni a concorsi ed a concerti sul territorio nazionale; importanti rassegne di carattere internazionale portano inoltre il coro a prestigiose trasferte in Francia, Austria, Svizzera, Germania, Slovenia e Cecoslovacchia.
Indimenticabile è stata la trasferta in Brasile, nel novembre del 1994.

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Gruppo Storico ''La Famille des Challant''

Gruppi folcloristici / bande / corali  -  Verrès

Questo gruppo storico è un gruppo di ricerca, studio e valorizzazione dei costumi rinascimentali Valdostani. E’ nato anche per far conoscere la storia dell’illustre famiglia degli Challant. Questo gruppo propone il periodo in pieno rinascimento dal 1478 al 1570, poichè questo periodo storico è particolarmente ricco di splendore artistico.
I personaggi di questo gruppo sono:
- Il ConteRenato e la Contessa Donna Mencia di Braganza e Portogallo
- una coppia di nobili
- Dame
- Uomini d’arme
- Gran cerimoniere
- Alfiere
- Tamburini
- Chiarine
- Vessillifero

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L'idolo infranto

Leggende  -  Verrès

Al tempo in cui Grato era vescovo di Aosta, il paganesimo era ancora diffuso in parecchie zone della Valle ed a Verres la popolazione tributava onori e preghiere al Dio Marte, cui era stato eretto e dedicato un tempio.
Il santo, venutolo a sapere, mosse alla volta dal paese idolatra, dove trovò gran folla raccolta attorno al simulacro del nume. Grato invocò l’intervento del cielo. Subito la terra tremò con un tremendo boato, mentre la statua di Marte si frantumava, cadendo ai piedi del santo.
Gli astanti, sconvolti dal prodigio, si unirono al vescovo per invocare la protezione del Signore.
Più tardi, gli abitanti di Verrès, in ricordo del fatto portentoso che aveva convertito alla fede cristiana i loro padri, vollero dedicare una statua al santo patrono della Valle d’Aosta e la collocarono nella torre campanaria. Ma continuarono a chiamare “via Martorey” la strada sulla quale anticamente sorgeva il tempio dedicato al dio pagano della guerra.

Carnevale storico

Tradizioni  -  Verrès

Si svolge in febbraio, tra sabato e martedì grasso. Consiste nella rievocazione di un fatto accaduto nel lontano 1449, che ha come protagonisti Caterina di Challant, signora del Contado, ed il popolo di Verrès. Scenario delle varie manifestazioni è lo splendido castello di Verrès.Si svolge in febbraio, tra sabato e martedì grasso. Consiste nella rievocazione di un fatto accaduto nel lontano 1450, che ha come protagonisti Caterina di Challant, signora del Contado, ed il popolo di Verrès. Scenario delle varie manifestazioni è lo splendido castello di Verrès.

Alla morte di Francesco di Challant, tutti i suoi averi andarono in eredità alle figlie Caterina e Margherita. Mentre quest’ultima, debole e irrisoluta, aveva ceduto i suoi domini alla sorella, quella teneva testa a tutti coloro che desideravano la sua ricchezza, aiutata dal marito Pierre Sarriod, Signore d’Introd.

Nel 1450 accadde un fatto tanto insolito quanto sensazionale data l’epoca: il 31 maggio, di buona mattina, Caterina di Challant ed il consorte, scortati da alcuni uomini armati, scendono a Verrès. Dopo aver pranzato presso il Reverendo Pietro de Chissé, prevosto della collegiata di Saint Gilles, scendono nella pubblica piazza sottostante la chiesa. Al suono del piffero e del tamburo tutti si mettono a ballare e Caterina, lasciato il consorte, danza con la balda gioventù del paese. L’entusiasmo è al massimo, un solo grido echeggia: “Vive Introd et Madame de Challant”.
Il ricordo di quel gesto altamente democratico viene tramandato negli anni e nei secoli. Nonostante la casata degli Challant sia scomparsa, quel fatto rimane nella memoria del popolo, al punto che alcuni Verrezziesi decidono di rievocarlo nel periodo di Carnevale. Come simbolo di continuità tra passato e presente, ancora oggi, dopo più di 50 anni, il sabato di Carnevale, Caterina di Challant accompagnata dal consorte Pierre d’Introd, scende in piazza Chanoux per incontrare il popolo. La vicenda si svolge in mezzo allo sfolgorio delle fiaccole, alle note delle trombe ed ai rulli dei tamburi. Dopo la presentazione del seguito di nobili, finalmente giunge Caterina che, al grido di “Vive Introd et Madame de Challant”, balla con un popolano.

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