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Basilica paleocristiana di San Lorenzo

Archeologia  -  Aosta

Ingresso gratuito, per le mamme accompagnate dai figli, l’11 maggio 2025

Sito incluso nel biglietto cumulativo Aosta archeologica

Sotto l’antica chiesa parrocchiale del Borgo, gli scavi archeologici hanno riportato alla luce la basilica cruciforme paleocristiana, indicata come Concilium Sanctorum , Assemblea dei Santi, perché eretta sulle tombe dei primi martiri, sepolti nell’area cimiteriale romana, sorta a sua volta su un insediamento funerario protostorico.
All’interno sono visibili parti delle strutture liturgiche, la piattaforma reliquiaria con i sepolcri dei tre vescovi vissuti tra il V e il VI sec. (Grato, Agnello, Gallo) ed altri vani tombali databili tra V e VIII sec.

(+39) 3496429216

Cimitero di Sant'Orso

Archeologia  -  Aosta

Nel vecchio cimitero del Borgo di Sant’Orso sono sepolte numerose personalità della cultura, della scienza e della politica valdostana, decedute tra la prima metà dell’Ottocento ed i primi decenni del XX secolo. Vi sorge una cappella neogotica costruita verso la metà del XIX secolo dai Conti Crotti di Castigliole che vi avevano la loro tomba di famiglia.

Nel Novecento il cimitero venne abbandonato come luogo di sepoltura a favore del cimitero aostano di viale Piccolo San Bernardo. L'antico cimitero è visitabile in alcuni periodi grazie all'assocaizione Amis du cimetière du Bourg.

(+39) 3337432902
amisducimetieredubourg@gmail.com

Mega Museo - Area megalitica di Aosta

Archeologia  -  Aosta

Ingresso gratuito, per le mamme accompagnate dai figli, l’11 maggio 2025

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Uno dei più interessanti siti archeologici della preistoria in Europa ma anche un luogo dove la storia ha continuato a lasciare testimonianze anche nei secoli successivi.  Vieni ad Aosta ed approfitta delle iniziative e delle visite guidate del museo e scopri tutte le novità del recente e moderno allestimento.

Il sito archeologico

L’area, riportata alla luce nel 1969, si estende per circa un ettaro e rivela uno dei più interessanti siti archeologici della preistoria in Europa: significative testimonianze di quasi cinque millenni di storia, dai momenti finali del Neolitico ai giorni nostri.
Il termine area megalitica è stato utilizzato per definire sinteticamente il ritrovamento di Aosta, che non presenta finora riscontri, all’infuori di quello, seppur parziale, con il sito di Sion, Petit-Chasseur, in Svizzera.

Per “area megalitica” si intende una porzione di terreno, più o meno estesa ma ben delimitabile, nella quale sono presenti testimonianze monumentali megalitiche multiple e di tipo diverso.
Non si tratta, infatti, di un semplice allineamento di menhir o di stele antropomorfe, oppure di una necropoli o di singole tombe dolmeniche: i ritrovamenti mostrano invece l’esistenza di un’area sacra destinata sin dall’inizio a essere sede di ricorrenti manifestazioni legate al culto e alla sepoltura.

Sono state individuate cinque fasi strutturali che, a partire dal Neolitico recente (fine del V millennio a.C.) e attraverso tutta l’Età del Rame (IV-III millennio a.C.), giunge all’Età del Bronzo (II millennio a.C.).

Configurata dapprima come un santuario all’aperto destinato al culto dei viventi, l’area assume solo negli ultimi secoli del III millennio funzioni funerarie, divenendo una necropoli privilegiata, con tombe monumentali di varia tipologia megalitica.
In ordine cronologico è possibile apprezzare: le tracce di un’aratura propiziatoria (fine V millennio a.C.) seguita dalla creazione di pozzi allineati sul cui fondo trovano posto offerte quali macine unite a resti frutti e cereali.

In un momento successivo (inizi del III millennio a.C.) si ha l’allineamento di almeno 24 pali totemici in legno orientati da Nord Est a Sud Ovest progressivamente affiancati e poi sostituiti da più di 46 imponenti stele antropomorfe, prima vera manifestazione del megalitismo in quest’area, magistrali capolavori della statuaria preistorica.

La destinazione d’uso dell’area si fa nettamente funeraria con la costruzione delle prime tombe megalitiche, probabilmente occupate da membri di eminenti famiglie della comunità, costruite totalmente fuori terra. Protagonista esemplare è la cosiddetta “Tomba 2”, eretta su un’insolita piattaforma triangolare di pietrame, utilizzata per quasi un millennio come sepoltura collettiva ospitante i resti di ben 39 individui.

Il museo

Visitare il museo comporta una discesa temporale dall’odierno alla preistoria: lungo un tragitto costellato da immagini riferite alla storia umana, le passerelle dall’ingresso del museo conducono il visitatore al livello del sito archeologico vero e proprio (a circa 6 metri sotto il livello stradale).

Si apre allo sguardo un ambiente grandioso: attraversando la dimensione del tempo, i toni delle luci colorano l’atmosfera che avvolge i reperti archeologici, il dolmen, le stele abbattute, le piattaforme, le tracce delle arature. La visita è un continuo affaccio sul sito archeologico, in una sorta di costante dialogo “interno-museo / esterno-sito”.
Spiegazioni, approfondimenti e interpretazioni sono disponibili su apparati didattici e multimediali.

Da non perdere:

  • la suggestiva Rampa del Tempo arricchita da elementi tridimensionali
  • la sorprendente Sala immersiva
  • la Grande Sala delle Stele dove ammirare 46 stele antropomorfe ritrovate nel sito.
  • La sezione dedicata alla Protostoria che illustra i grandi cambiamenti verificatisi nell’area all’inizio del II millennio a.C., quando la funzione agricola prende il sopravvento su quella funeraria: si possono osservare numerose orme umane impresse nel terreno arato ritrovate in occasione dei più recenti scavi archeologici. In questo spazio, inoltre, si apprezza il grande tumulo funerario dell’Età del Ferro (I millennio a.C.) con il suo piano di calpestio originale.
  • al piano superiore protagonista è l’epoca romana declinata in due sezioni: una dedicata alla vita quotidiana in ambiente rustico, e l’altra alle necropoli scavate nel corso degli anni lungo la strada, al di sotto della chiesa parrocchiale e della scuola materna: si trovano 20 tombe connotate da corredi ricchissimi, nonché da pratiche e rituali funerari molto diversi tra loro per cronologia e tipologia.
  • conclude il percorso la sezione medievale che presenta le testimonianze gravitanti intorno alla chiesetta romanica di Saint Martin.

Presenti anche un ampio spazio relax, un'area dedicata ad esposizioni temporanee e una sala conferenze di 160 posti.

 

(+39) 0165552420
beniculturali@regione.vda.it

Pietre coppellate

Archeologia  -  Hône

Si tratta di massi o pietre sui quali sono stati incisi, con pietre dure o punteruoli metallici, piccoli buchi concavi a forma di coppa. Questi reperti preistorici risalgono alla tarda Età del Bronzo e all’ Età del Ferro. L’uso di queste incisioni non è ancora chiaro: alcuni studiosi pensano che le pietre coppellate servissero per svolgere riti religiosi e propiziatori. Nel territorio di Hône le pietre coppellate sono situate a Montoulin (900 m) e in località Plan Priod (465 m).

Insediamento protostorico al Monte Tantané

Archeologia  -  La Magdeleine

Gli scavi cominciati nel 2003 per individuare l’insediamento protostorico situato ai piedi della piramide rocciosa del Monte Tantané, sono stati seguiti da sei successive campagne di ricerca - sino al 2010 - e sono a tutt’oggi lungi dall’essere conclusi.
Interessanti tradizioni leggendarie si riferiscono a questo sito, localmente conosciuto come Le Reparé du Tantané .
L’abitato del Monte Tantané risulta costituito da due gruppi diversi e contigui di capanne, separati da un breve pendio. Il gruppo superiore (“morena”, 2441 m s.l.m.), presenta una serie di 25 capanne adiacenti, allineate all’incirca in direzione nord-sud e dispone di un valloncello delimitato da due cordoni morenici ai piedi del ghiaione del Monte Tantané. Il gruppo inferiore (“abitato”, 2425-79 m s.l.m.) è disposto su un largo pendio a terrazzi digradante verso nord. Gli scavi hanno finora messo in luce 10 capanne sul terrazzo sommitale dell’abitato e 3 capanne sul terrazzo immediatamente sottostante. Si stima che il complesso dell’abitato possa comprenderne circa cinquanta, un numero assai maggiore rispetto al gruppo superiore della morena. Si tratta nell’insieme di un insediamento assai considerevole, per via dell’altitudine della sua collocazione.

Le capanne sono state costruite in muratura a secco, usando blocchi allungati di circa 60 cm. La loro forma è molto variabile, da quadrata a rettangolare, da ovale a circolare, a poligonale. Sono di solito adiacenti, a formare piccoli agglomerati o allineamenti. Non è ancora evidente il tipo della loro copertura, che doveva essere ligneo.

I reperti archeologici ritrovati nelle capanne comprendono ceramiche, utensili in pietra ollare, in ferro, in bronzo e alcune monete celtiche. Sono inoltre presenti oggetti in legno e abbondanti testimonianze di semi commestibili (cereali, leguminose). Questi reperti consentono di datare l’epoca dell’abbandono dell’insediamento al I secolo a.C., ovvero alla fase conclusiva dell’Età del Ferro, mentre allo stato attuale delle ricerche non è ancora precisabile il periodo della sua fondazione.

L’interrogativo maggiore riguardo a questo insediamento stagionale di alta quota rimane comunque quello relativo alla sua funzione, se si prescinde da quella pastorale o di alpeggio; è possibile ipotizzare che alcune attività di tipo economico si siano sviluppate in relazione alle risorse presenti sul sito, così come non sono da escludere funzioni di tipo militare-strategico, di controllo del territorio o di rifugio.

Sito protostorico di Lignan

Archeologia  -  Nus

L’insediamento protostorico di Lignan, noto come “castelliere”, costituisce un interessante esempio a livello architettonico ed urbanistico per la sua pianta ellittica a struttura radiale.

Posto su un’altura rocciosa completamente isolata, a 1.546 metri di altitudine a strapiombo sul vallone di Saint-Barthélemy, esso costituisce un tipico esempio di luogo naturalmente fortificato scelto come sede di abitato in età preromana.
Tra la tarda Età del Bronzo e gli inizi dell’Età del Ferro (circa 1200-900 a.C.) il fenomeno storico della progressiva risalita degli insediamenti da posizioni di pianura, o di fondovalle, a quelle di altura appare generalizzato in tutto l’arco alpino per esigenze difensive in concomitanza con i primi movimenti celtici dalle regioni transalpine dell’Europa Centrale verso meridione.

L’intera area ellittica, di circa 60 metri, è stata utilizzata per l’edificazione delle strutture in muratura a secco. Un muro perimetrale continuo segue il ciglio dello strapiombo. L’unico accesso possibile all’abitato, una sorta di rampa, deve trovarsi sul suo lato nord-ovest, esattamente sottostante quindi all’accesso attuale.

Il sito è raggiungibile in circa 10 minuti a piedi con un sentiero segnalato lungo la Strada Regionale 36 che sale da Nus a Saint-Barthélémy, la visita è libera.

Sito archeologico sottostante la chiesa di Saint-Vincent

Archeologia  -  Saint-Vincent

Chiuso temporaneamente per lavori

Il sito archeologico sottostante la Chiesa parrocchiale di Saint-Vincent testimonia tracce di attività riconducibili già alla fine dell’età del bronzo / età del ferro.
In epoca romana (II - IV secc. d.C.) si riscontrano vari nuclei di strutture con funzione termale.
Dopo l’inizio del V secolo d.C. l’area fu occupata da sepolture orientate in senso est-ovest, tipiche della prima cristianità. La loro presenza sembra aver determinato la nascita di un primo edificio a carattere funerario, seguito da ulteriori fasi di sepolture nei secoli VII e VIII che precedono l’impianto della chiesa romanica.

Un apposito percorso di visita corredato di pannelli didattici divulgativi e di supporti multimediali condurrà il visitatore alla scoperta del sito.

(+39) 0166512867
(+39) 3297395561
parrocchia_stvincent@libero.it

Casa medievale di Ayez

Architettura  -  Allein

Questa casa-monumento si trova in frazione Ayez, poco prima del capoluogo di Allein.
Risalente al XV secolo, è interamente in pietra a vista ed è costruita quasi senza far uso di malta. L’edificio presenta alcune interessanti finestre in pietra lavorata, con il caratteristico motivo a chiglia rovesciata.

L’antico edificio ristrutturato ospita il museo permanente del Carnevale della Coumba Frèida che presenta i costumi delle Landzette, le tipiche maschere carnevalesche della valle del Gran San Bernardo, accompagnati da testi, video e fotografie. Il carnevale della Couma Freide è uno dei più caratteristici dell’arco alpino.

Ru du pan perdu

Architettura  -  Antey-Saint-André

Dalle frazioni di Grand Moulin e Covalou sono visibili i resti dell’acquedotto con le sue maestose arcate addossate alla montagna.

Si tratta di un antico acquedotto, probabilmente risalente al 1300, che porta le acque del torrente Marmore verso i campi della media Valle. Oggi queste imponenti opere vengono denominate con i termini di “rus morts” o “rus du pan perdu”, a causa della loro vetustà e dello stato di degrado in cui versano.

L’itinerario alla scoperta del “Ru du pan perdu” parte dal piazzale A. Rolando, adiacente all’ufficio del turismo, seguendo in parte il sentiero escursionistico n° 105; la parte finale del sentiero non è sempre ben visibile, il dislivello è di m 175 e la durata è di circa 30 minuti.

Acquedotto Grand Arvou

Architettura  -  Aosta

Sopra Aosta, nella frazione Porossan, in località Chiou, si trova questo maestoso ponte-acquedotto, situato sul canale “ru Prévôt”. Si tratta di una spettacolare costruzione in muratura di pietrame e calce, parzialmente intonacata, lunga circa 70 metri, che permette al canale di superare il sottostante vallone percorso dal torrente Parléaz, tra le località Neyves e Serod (Porossan) di Aosta. Il ponte ha l’aspetto di un maestoso edificio e questo sia perché dotato di un tetto di copertura in lose, sia per la presenza di alcune finestrelle che illuminano l’interno permettendone l’ispezione.

I “rus” sono opere di canalizzazione per portare l’acqua nelle zone più aride della regione.
Questa fitta rete di canali, la più completa e organizzata della catena alpina, è riconducibile al Medioevo, fra l’inizio del XIII e la fine del XV secolo, quando il clima caldo e asciutto e la scarsità delle precipitazioni resero necessarie nuove strutture irrigue. I rus, passando attraverso boschi, pascoli e colline, scendono fino alla vallata centrale, convogliando verso gli abitati l’acqua attinta dall’alto corso dei torrenti, rendendo fertili i costoni montuosi.

Il Ru Prévôt prende il nome dal prevosto della Cattedrale Enrico di Quart che lo fece edificare nel 1288 e comprende nel suo tracciato l’acquedotto di Porossan, lungo 70 metri, definito dall’abbé Henry, storico, scrittore e alpinista, “uno dei più bei monumenti che ci abbia conservato il Medioevo”.

Casa di Sant'Anselmo

Architettura  -  Aosta

La tradizione vuole che questo edificio, ubicato in via Sant’Anselmo 66, abbia visto nascere Anselmo d’Aosta (1033 – 1109), che sarebbe diventato abate del monastero di Bec in Normandia e poi arcivescovo di Canterbury in Inghilterra.
Anselmo d’Aosta è famoso come teologo e filosofo; il suo nome è in particolare legato alla prova “ontologica” dell’esistenza di Dio.

Proprietà privata - non visitabile.

Hôtel des Etats

Architettura  -  Aosta

È l’appendice occidentale (a sinistra, guardando la facciata) del palazzo del Municipio di Aosta. L’edificio è stato eretto nel 1724 (è quindi antecedente al Municipio); in esso si svolgevano le sedute dell’Assemblea Generale degli Stati, presieduta dal Vescovo e dal Balivo, si riuniva il “Conseil des Commis” ed avevano sede gli archivi del Ducato di Aosta.

Attualmente il palazzo ospita alcuni uffici comunali, nonché esposizioni temporanee.

Sito non accessibile ai disabili.

Municipio - Hôtel de Ville

Architettura  -  Aosta

Il grande palazzo porticato in stile neoclassico fu costruito nel 1839 sul sito del convento francescano dei Cordeliers, gravemente danneggiato dalle truppe rivoluzionarie francesi.
Le due fontane ottocentesche sulla facciata simboleggiano i due corsi d’acqua della città, la Dora Baltea e il Buthier.
La piazza antistante, oggi dedicata a Emile Chanoux, martire della Resistenza, fu ricavata demolendo la chiesa di San Francesco, annessa al convento.
In orario di apertura degli uffici comunali, si possono visitare lo scalone e l’atrio, in cui si trova un pregevole plastico della Valle d’Aosta.

Palazzo Ansermin

Architettura  -  Aosta

Edificio, ricco di elementi architettonici degni di nota, situato in via Porta Praetoria 42-52, ma accessibile anche da piazza Plouves.
E’ stato costruito all’inizio del XVIII secolo da François René di Nus (era infatti chiamato “Palazzo dei baroni di Nus”).

La proprietà passò nel 1800 alla famiglia Ansermin.
Durante la costruzione dell’Hôtel de Ville (1836 – 1842) il palazzo ospitò gli uffici amministrativi della città di Aosta.

Privato - visitabile l’androne

Palazzo Roncas

Architettura  -  Aosta

Situato sulla piazza omonima, il palazzo fu fatto costruire nel 1606 da Pierre-Léonard Roncas, primo segretario di stato del Duca di Savoia Carlo Emanuele I. Divenne in seguito sede dell’amministrazione sabauda, di sottoprefettura in età napoleonica e di intendenza.
Le volte dell’atrio, dello scalone e del loggiato che si affacciano sul cortile interno sono decorate con affreschi di scuola italiana, raffiguranti scene mitologiche, naturalistiche e con segni dello zodiaco, di gusto manieristico.

Il palazzo, in passato sede del comando del Gruppo Carabinieri di Aosta, non è visitabile

Palazzo Vescovile

Architettura  -  Aosta

Sito in Via des Sales n° 3, il palazzo vescovile, restaurato alla fine del XIX secolo, è collegato con la Cattedrale di Santa Maria Assunta per mezzo di una galleria, iniziata nel 1667 e terminata circa un secolo più tardi.
Nel salone detto “di Cognia” si tennero, tra il 1222 e il 1466, le Udienze Generali, un’ istituzione di giustizia tenuta periodicamente dai duchi di Savoia.
In un’altra sala sono invece conservati medaglioni affrescati con i ritratti dei vescovi aostani.

Il Borgo Medievale di Ville

Architettura  -  Arnad

Il borgo comprende la casa forte dell’Ohta, interessante complesso signorile sviluppatosi attorno ad una torre alto-medioevale di notevoli dimensioni, con mura dello spessore di oltre due metri e l’ingresso posto a circa 8 metri dal suolo.

Nel XIV secolo l’abitato era probabilmente chiuso da una vera cinta muraria oppure mediante la giunzione delle case periferiche.
Nelle franchigie concesse agli uomini di Arnad nel 1321 da Amedeo di Vallaise, infatti, era previsto che il signore potesse ordinare l’esecuzione delle migliorie necessarie alle mura del borgo.
Oltre ad alcune case appartenute ai signori del luogo, che ancora presentano tratti “nobili”, sono numerose le case dei notabili, notai e funzionari signorili che hanno mantenuto pregevoli particolari architettonici quali ampi saloni, grandi camini e graziosi “viret o tornette”.

Ponte di Echallod

Architettura  -  Arnad

Il ponte di Echallod è un ponte pedonale in pietra, tra i più pittoreschi della Valle d’Aosta, costruito tra il 1770 e il 1776.

Restaurato più volte nel corso dei secoli, collega le frazioni di Echallod superiore ed inferiore agli altri villaggi del comune di Arnad, situati sulla sinistra orografica del fiume Dora Baltea.

La struttura simmetrica a schiena d’asino poggia su tre arcate sostenute da robusti contrafforti. Sulla spalla destra si trova un’edicola a protezione dei viandanti.
Si attraversa a piedi percorrendo l’itinerario escursionistico Cammino Balteo (tappa 22) che qui si sovrappone al tracciato della Via Francigena.

Borgo medievale e Ospizio di Leverogne

Architettura  -  Arvier

La frazione di Leverogne presenta un interessante sviluppo urbanistico del borgo medievale, con diversi edifici degni di nota. Il ponte del villaggio costituiva un passaggio obbligato per superare la forra sul torrente  ed accedere alla Valgrisenche ed al Col du Mont, collegamento privilegiato fra la Valle d’Aosta e la Maurienne.
Leverogne era, dunque, un luogo di transito di pellegrini, di commercianti e di avventurieri.

Nel 1368, proprio con lo scopo di accogliere i pellegrini, Pierre Socquier fondò un ospizio che offriva una cucina, una camera da letto ed una cantina.
Ancor oggi, sulla facciata dell’antica casa, possiamo ammirare il ciclo pittorico quattrocentesco delle “Opere della misericordia” che venivano messe in pratica offrendo un piatto di minestra ed un giaciglio ai viandanti.

Risalendo il corso della Dora di Valgrisenche, si incontrano ancora i resti di un ponte romano.

Leverogne custodisce anche una memoria dolorosa della storia più recente.
Il 13 settembre 1944, una violenta rappresaglia nazi-fascista segnò tragicamente questo luogo, causando la morte di 13 innocenti e portando alla distruzione di una parte significativa dell’abitato di Leverogne, oltre alla quasi totale devastazione dei villaggi di Rochefort e Chez-les-Garin. Un evento che resta impresso nella memoria collettiva, a testimonianza del sacrificio e della resistenza di un territorio.

La tornalla di Ozein

Architettura  -  Aymavilles

Nella località Pos del villaggio di Ozein sorge un’antica costruzione con una torre tonda, la Tornalla. Si tratta di una casaforte del XV dotata di una scala a chiocciola che viene anche comunemente chiamala “casa del Vescovo” ma non è chiaro da dove derivi questa definizione.
La costruzione, di proprietà privata, è ormai ridotta a rudere e si raggiunge percorrendo la stradina che si trova sulla sinistra rispetto alla Chiesa di Ozein.

Case monumentali del Borgo medievale di Bard

Architettura  -  Bard

Il borgo di Bard sorse come tipico insediamento di attraversamento, con le abitazioni allineate lungo i lati dell’antica via consolare delle Gallie di epoca romana. Luogo di sosta e di pagamento di pedaggi, l’abitato mantenne la sua importanza anche durante il Medioevo, trovandosi sulla direttrice che da Canterbury conduceva a Roma: la Via Francigena.

Sulla strada fra Bard e Donnas si trovano i ruderi di una struttura assistenziale dedicata ai pellegrini. Si tratta della cappella di Saint-Jean-de-la-Pierre fondata verso il 1150 insieme all’annesso ospizio, dai cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, il cui statuto prevedeva l’obbligo di fornire vitto e alloggio ai viandanti che percorrevano la via consolare.
Vestigia romane dell’antica Via Consolare si trovano lungo il sentiero lastricato che congiunge Bard a Donnas. In una saletta del bar situato di fronte al ponte medievale è visibile un’arcata a tutto sesto di un piccolo ponte di epoca romana.

Nel borgo medievale numerosi sono gli edifici risalenti ai secoli XIII-XVI ed oltre venti costruzioni sono state classificate come “case monumentali”. Le loro facciate presentano infatti notevoli elementi di valore storico e architettonico.

  • Casa Challant - Mostra dettagli architettonici e decorativi simili a quelli del castello di Issogne. Costruita verso la fine del XV secolo, fu abitata dal Conte Filiberto di Challant, castellano di Bard tra il 1487 e il 1517. E’ caratterizzata da finestre a chiglia rovesciata e da altre a crociera.
  • Casa Valperga - Risalente al XVI secolo, presenta alcune interessanti finestre a crociera e resti di decorazione pittorica. Al centro si trova una finestra a bifora e porzioni di affreschi che rappresentano antichi stemmi nobiliari, fra i quali quello della famiglia Valperga.
  • Casa Nicole - Costruita in parte al di sopra della porta occidentale di accesso al borgo di Bard, il palazzo conserva, sulla facciata, i segni dei proiettili sparati durante l’assedio al forte di Bard da parte dell’esercito di Napoleone nel maggio del 1800. Il Palazzo forma una torre alla cui sommità vi è la finestra quadrilobata della cappella; quest’ultima fu affrescata nel 1758 dal pittore Giovanni Antonio di Biella.

Da segnalare anche la Casa del Vescovo, la Casa Urbano, che comprende un antico mulino, la Casa Ciuca che conserva un antico “viret” (scala a chiocciola in pietra) e la Casa della Meridiana.
La fontana al centro del borgo, costruita nel 1598 è affiancata da una singolare colonna in pietra alta 170 cm sulla cui sommità è scolpita una testa umana denominata “Il Mascherone”.

Nel borgo sono ancora visibili i resti di un vecchio torchio, rimasto in funzione fino al 1940.

Diga di Place Moulin

Architettura  -  Bionaz

La gita alla diga di Place Moulin, opera di rilievo europeo, è alla portata di tutti perché è possibile arrivare in automobile fino in prossimità dell’invaso.

L’alta valle di Bionaz vide il suo paesaggio modificarsi radicalmente tra il 1961 ed il 1965 per via della costruzione dell’enorme diga di Place Moulin. Lo sbarramento ha creato il lago di Prarayer, un bacino artificiale chiuso tra le montagne. Sullo sfondo si vedono le Petites e les Grandes Murailles con i loro imponenti ghiacciai.

Si tratta del bacino d’acqua più grande della regione ed uno degli sbarramenti più grandi d’Europa. Di seguito alcuni dati per comprenderne l’imponente aspetto:

  • lo sbarramento è alto 155 metri ed ha una lunghezza di 678 metri
  • lo spessore massimo alla base dello sbarramento è di 47 metri mentre è di 6 metri in cima
  • il volume dello sbarramento è di 1.510.000 metri cubi di cemento
  • il livello massimo raggiunto dall’acqua è di 1.969 m sul livello del mare
  • la capacità dello sbarramento è di 105 milioni di metri cubi.

L’impianto può essere visitato liberamente all’esterno, ma previa prenotazione è possibile usufruire di un tour guidato all’interno nel periodo da maggio a settembre. Lo sbarramento è ispezionabile su più livelli, che scendono anche sotto le acque del lago e sono collegati tra loro da scale e da un ascensore. All’interno si trovano numerosi macchinari e apparecchiature, legati sia al funzionamento della diga, sia al controllo delle condizioni di sicurezza.

Il lago di Place Moulin è fiancheggiato da una strada sterrata poderale chiusa al traffico: questo percorso costituisce una pianeggiante e comoda passeggiata (1 ora di cammino) che in mezzo a rocce scoscese, cascate d’acqua, prati e boschi conduce allo storico alpeggio di Prarayer e all’omonimo rifugio.

(+39) 0166823064
cislaghi.vania@cva-ao.it

Stazione sciistica di Breuil-Cervinia

Architettura  -  Breuil-Cervinia

L’alpeggio del Breuil, con il nome di Cervinia, divenne nel 1935 una delle prime stazioni nate per il turismo invernale. I primi fabbricati sorsero dispersi sul territorio in posizione panoramica. La ripresa dell’edilizia negli anni ’50 conduce alla realizzazione di due edifici emblematici della costruzione in montagna, il Rifugio Pirovano, di Franco Albini, e la Casa del Sole, di Carlo Mollino.

La Casa del Sole risalta per la sua verticalità che si conclude in alto con la sovrapposizione di un volume pieno e scuro, una vera villa sul tetto. Il fronte sud appare frazionato da lunghe balconate progressivamente più sporgenti nei piani superiori.

Negli anni ‘60/’70 sorgono complessi di edifici come Cielo Alto o il Complesso Giomein. Il Giomein è’ un edificio continuo che si sviluppa a rosario a partire dall’albergo che costituisce il “cuore” dell’insieme. A questo è collegato il blocco delle residenze collettive e quello dei negozi. Tutto il complesso è caratterizzato formalmente dallo sviluppo verticale a spigolose canne d’organo. I materiali sono il rame per il tetto, la pietra oppure le tavole di larice orizzontali per le pareti. La stazione di ski-total di Cielo Alto è suddivisa in tre nuclei distinti. Il complesso è composto da una serie di edifici posti ai lati di una strada di collegamento che sale a una quota sempre più elevata. Al rigido blocco alberghiero più basso segue un interessante corpo concavo, un altro con copertura a profilo ondulante ed infine due blocchi pressoché cilindrici. I materiali usati sono stati essenzialmente due: il calcestruzzo a vista per le parti esposte alle intemperie ed il legno per le parti protette.

Il Rifugio Pirovano richiama in modo libero le modalità costruttive del fienile rurale, il rascard, evidenziando i grandi pilastri tronco-conici in pietra che sostengono la parte alta della costruzione, con l’interposizione di distanziatori a forma di fungo. La leggerezza delle strutture lignee interpreta in modo razionale la gravità dei modelli cui si ispira.

Casa Yonzo

Architettura  -  Brusson

Casa Yonzo, attuale sede della biblioteca comunale, si trova nel centro storico.

Era una costruzione contadina all’interno della quale si trovavano sia i locali per la vita familiare sia quelli adibiti alla conduzione dell’attività agropastorale ed inoltre una bottega e una sala della “Congregazione di carità”. Dal punto di vista architettonico si distingue dalle altre costruzioni del villaggio per lo schema della pianta, il volume, la ricchezza in elementi decorativi e le modalità di circolazione fra i vari livelli.

I dipinti di Notre – Dame des Ermites e di Sant’Antonio da Padova sul pilastro a ovest portano l’uno la data 1748 e l’altro il nome del committente Jean Lateltin . I Lateltin, provenienti da Gressoney, compaiono a Brusson nel XVII secolo.
L’ambiente più bello è la corte coperta, sovrastata da una bella balconata in legno. La balconata e la corte, ben visibili anche dall’esterno, il pilastro con i dipinti, la bella croce in legno, il grande arco ribassato che sovrasta l’antico ponte d’ingresso e la prevalenza dei vuoti sui pieni rendono la facciata ovest architettonicamente molto interessante.

0125/301004
biblioteca.brusson@tiscali.it

Rascard nella frazione di Vollon

Architettura  -  Brusson

Questo rascard si trova a Nord-Est del villaggio e presenta sulla fiancata destra corpi annessi più recenti. La parte in legno ripara un secondo livello raggiungibile attraverso una scala situata nell’area di battitura. Le quattro “tchambrettes” a sbalzo rispetto alla base di pietra sono delimitati da assi verticali.
Sotto il colmo è scolpito un monogramma IHS, professione di fede resa obbligatoria nel 1536, all’epoca dell’avvento del protestantesimo in Valle d’Aosta. Il trave maestro mostra iscrizioni sulla parte laterale.
A Brusson è una consuetudine che si riscontra solo nei villaggi di Vollon e Extrapiéraz.
Le iniziali J.J.P. di Jean-Joseph Payn e la data posta 1798 sono scolpite sul lato del colmo.

Mulino di Ruvère

Architettura  -  Challand-Saint-Anselme

Nella frazione di Ruvère, che sorge lungo le rive dell’Evançon all’imbocco del vallone di Chasten, si utilizzavano le acque per il funzionamento dei mulini per la macinazione delle granaglie e la produzione dell’olio di noci.
A ricordo di questa attività rimane un mulino completamente ristrutturato.
Durante il periodo estivo è visitabile e sede di mostre (per avere la disponibilità della sede espositiva è necessario inoltrare una domanda presso l’amministrazione comunale) .

0125.965214
info@comune.challand-st-anselme.ao.it

Ponti "romani"

Architettura  -  Challand-Saint-Victor

Nella frazione Verval si trovano due ponti di origine medievale, noti però come “ponti romani”, che meritano di essere visti. Sono in pietra, costruiti a forma di schiena d’asino.
Particolare importanza hanno rivestito per l’economia rurale, in quanto permettevano il passaggio di uomini e animali collegando l’envers con l’adret (cioè un versante della valle con quello opposto).

Come arrivare
Giunti al paese di Challand-Staint-Victor, seguire i cartelli turistici di colore marrone per i ponti romani. Si scende con automobile per circa 1 km fino ad un piccolo parcheggio dove finisce la strada. Si segue l’indicazione del sentiero ed in 2-3 minuti si è in vista del torrente e dei due ponti.

Archittettura rurale di Champdepraz

Architettura  -  Champdepraz

Nei dintorni del Parco del Mont Avic si possono trovare, oltre che a paesaggi naturali straordinari, villaggi con edifici rurali costruiti con materiali reperiti sul posto (pietra e legno) che ricalcano modelli diffusi in altri comuni della bassa Valle d’Aosta.

A medio-bassa si trovano edifici di notevole pregio storico e architettonico.

Le abitazioni rurali possono essere “dissociate” (più corpi separati destinati a diversi usi) o “concentrate” con un unico fabbricato comprendente l’alloggio (“lo pejo”), la stalla (“l’htabio”) e il fienile (“lo payi©”). Si possono poi distinguere: la “grisse”, piccolo edificio in pietra usato per essiccare le castagne, il “reucard” granaio per covoni costruito in tronchi squadrati di larice, “lo dzerbi” deposito per covoni chiuso su tre lati e affacciato sull’aia di trebbiatura.
Altri elementi tipici dei siti rurali sono i terrazzamenti o gradoni con muri a secco e gli accumuli di pietrame (“meurdzere”) derivanti da una continua attività di bonifica manuale dei pascoli.

(+39) 0125960668
info@montavic.it

I rascard

Architettura  -  Champoluc/Ayas/Antagnod

I “rascard” sono costruzioni tipiche della Val d’Ayas ma si possono trovare anche nella Valtournenche e nella valle di Gressoney.
Sono costruiti con tronchi di pino, abete e larice, squadrati o solo scortecciati, incastrati ad intaglio alle estremità. Tali costruzioni erano adibite un tempo esclusivamente alla conservazione dei cereali e furono pensate in modo da evitare la formazione di umidità e l’attacco dei roditori.

Le strategie adottate per risolvere questi problemi variano a seconda dei tipi. Nel modello più noto e diffuso, il rascard è sostenuto da una serie di “funghi”, pilastrini di legno alti circa 70 cm, spesso sormontati da un disco di “losa” (pietra piatta, normalmente usata per coprire i tetti).
In altri casi, come nei villaggi di Extrepiéraz o a Mascognaz, la difesa del raccolto si attua interponendo lungo il perimetro del “rascard” una serie di lose sporgenti rispetto alle murature della base, al di sotto delle quali si realizza una fascia di intonaco fine alta circa 40 centimetri.

I rascard a funzioni concentrate sono invece costruzioni con almeno tre piani, due dei quali costituiscono la base in muratura. Al piano inferiore si trovano la stalla e la cantina e in quello intermedio l’abitazione vera e propria, composta da due locali ben distinti, la “majòn” e il “péillo”, occupati sopratutto d’estate, perché durante la brutta stagione la dispersione di calore verso l’alto era elevata, essendo il terzo livello del rascard sospeso sui “funghi”.
Per difendersi dal freddo, la famiglia si trasferiva nel “ gabenet”, uno spazio all’interno della stalla dove in pochi metri quadrati erano riunite le principali funzioni abitative.
La zona riservata alle persone era situata nella parte più illuminata, a fianco della porta e vicino alle finestre, ed era separata dalla zona destinata agli animali mediante una bassa parete in tavole di legno, utilizzate anche per rivestire i muri e il pavimento. Una stufa in ghisa per cuocere le vivande, i secchi dell’acqua in un angolo, un tavolo a ribalta per risparmiare superficie, una panca e una cassapanca appoggiate ai letti contro le pareti, le lucerne a petrolio e qualche mensola costituivano l’arredo del “gabenet”, dove la gente viveva per qualche mese all’anno, preferendo l’inconveniente della coabitazione con il bestiame alle basse temperature.

Esistono bellissimi esempi di rascard nei seguenti villaggi: Frantse, Cunéaz, St. Jacques, Blanchard, Pilaz, Antagnod , Lignod, Mascognaz, Péio, Pra-Sec, Magnechoulaz, Mandrou nel comune di Ayas; Extrepiéraz, Pasquier e Graines nel comune di Brusson; Isollaz nel comune di Challand-Saint-Victor.

Mulino del Glair

Architettura  -  Champorcher

Scopri il fascino storico del mulino del Glair a Champorcher nella frazione Chardonney. Un luogo dal passato prezioso, appartenuto alla famiglia Chanoux, del Grand Mont-Blanc, restaurato nel 2024 ed oggi gestito dal Comune, che ti permetterà di fare un tuffo nella storia e nelle tradizioni della Valle d’Aosta. 

Il mulino utilizzava l’acqua del vicino torrente Ayasse grazie alla presa del ru Mellier, un canale d’irrigazione di origine medievale, lungo 5 chilometri e costruito nel 1380.

Con due antiche macine, composte da blocchi di pietra, il mulino era essenziale per la macinatura di segale e mais, coltivati sui terrazzamenti a monte del villaggio. La sua storia è testimoniata da documenti risalenti agli inizi del Quattrocento, mentre il nome “Glair” (da "glairs", cioè ghiaioni, abbandonati dai corsi d'acqua in occasione delle esondazioni) richiama il suo passato di terra alluvionale, segnata da secoli di esondazioni, come quella devastante del 1655.

Poco a valle del mulino, nel cuore del villaggio, si trova il forno comunitario dove, ogni anno a inizio dicembre, la comunità preparava i tradizionali pani di segale, alcuni arricchiti con castagne e cumino, i cosiddetti micca, da conservare per tutto l’anno.

Un luogo incantevole e intriso di storia, dove la natura e le tradizioni locali si intrecciano.

Visitabile su prenotazione fino al 6 gennaio 2025, attraverso i riferimenti presenti nella sezione "contatti"

 

(+39) 012537106
(+39) 3476613014
info@comune.champorcher.ao.it

Ponti e antiche case nella valle di Champorcher

Architettura  -  Champorcher

Un’architettura originale, legata al territorio impervio, da scoprire grazie a questo facile itinerario turistico (periodo consigliato: dalla primavera all’autunno inoltrato).

In una vallata rocciosa e scoscesa come quella di Champorcher, i collegamenti da una riva all’altra dei torrenti non erano operazioni semplici. Appoggiando le fondamenta dei ponti sopra voragini rocciose, sovrastanti acque tumultuose, i mastri costruttori del XVII e XVIII sec. hanno edificato delle opere d’arte, che resistono ancora oggi alle piene più impressionanti.

A 6 km appena dalla vallata centrale, presso il capoluogo di Pontboset, un tragitto riunisce diversi ponti curvati a dorso d’asino sull’orrido di Rathus, che conducono ai valloni del versante soleggiato, dove si arroccano numerosi villaggi abbandonati.
Le abitazioni, attaccate al pendio, sono caratterizzate dai loro ”soulei”, alti fienili chiusi da pareti d’assi verticali strette da pilastri agli angoli. Piccole casette in pietra a 2 piani, costruite accanto, fungevano da essiccatoi per le castagne e ricordano, fino ai 1000 m di altitudine, che il popolamento di questa vallata non ha avuto altra ragion d’essere che la presenza di questo frutto nutritivo.

Più in alto, la cultura dei cereali assume aspetti eroici: i campi di segale di un tempo, in aggetto (sporgenti) gli uni sugli altri, grazie alla disposizione dei versanti a terrazza, caratterizzano questo paesaggio, letteralmente costruito dall’uomo.

Nei villaggi, come Outre l’Eve, nel comune di Champorcher, numerosi granai per i covoni ed il grano testimoniano l’abilità dei carpentieri di questa originale vallata alpina, tutta da scoprire.

Sempre nel territorio di Champorcher, il museo etnografico della canapa di Chardonney è stato allestito sotto un vecchio granaio del XVIII sec., ammobiliando una stalla, che era abitata in inverno. Gli abitanti erano specializzati nella tessitura della canapa e, da tutta la Valle d’Aosta, vi si convogliava questa preziosa materia prima, indispensabile, nella vita quotidiana, per la confezione di indumenti intimi, drappi e lenzuola.

Ville a Courmayeur

Architettura  -  Courmayeur

Nella nota località turistica di Courmayeur l’espansione più qualificata è avvenuta tra le due guerre mondiali.
La tipologia di insediamento più tipica del periodo è rappresentata da ville circondate da ampi giardini.

La Villa Tondani, Via Donzelli 2, è un complesso caratteristico di fabbricati richiamanti temi e motivi medioevali che si possono cogliere dalla strada (casa privata, non è consentito l’ingresso). La villa è costituita da un edificio principale (1930), da una cappella con campanile in pietra ed intonaco, da un porticato ad L con pilastri in pietra ed archi, da un padiglione in pietra con finestre a trifora e portico sul fronte maggiore. Molto interessante è il giardino che affianca elementi naturali (ruscello, laghetto, ecc.) ad altri appositamente costruiti (muri, strada, balaustre, ecc.).
Prossima alla villa Tondani sorge La Freidolina (1916), villa che presenta un impianto asimmetrico, con parti in pietra a vista ed altre imitanti la tipologia costruttiva a traliccio. Sul lato nord della facciata, la villa presenta varie decorazioni e l’anno di costruzione. Ad oggi, la villa è stata ristrutturata e divisa in appartamenti.

Sempre con tipologia a traliccio con tetti molto pendenti si presenta la Villa Marone, Strada Le Volpi 1, articolato fabbricato realizzato nel 1925 che era inserito in un ampio parco oggi inesistente. La dimora è nota per aver ospitato Umberto II e Maria José del Belgio, ultimi sovrani d’Italia, durante il loro viaggio di nozze.

La Villa Bagnara, Via XVI Luglio, (1935) è una costruzione in pietra a tre piani con stipiti ed architravi in pietra. Il portale scolpito posto al termine di una breve scalinata privilegia l’accesso dal Viale Monte Bianco. Costruita dall’imprenditore genovese omonimo,  è nota per aver ospitato, durante la seconda guerra mondiale,  un quartier generale con piccola infermeria per la cura e la degenza di ufficiali tedeschi mentre nel 1965 i due presidenti della Repubblica italiana e francese, Giuseppe Saragat e Charles De Gaulle,  in occasione dell’inaugurazione del Traforo del Monte Bianco. Nel 1975 la Villa viene trasformata in condominio pur conservando le sue principali caratteristiche architettoniche.

Borghi di Saint-Rhémy ed Étroubles

Architettura  -  Étroubles

I borghi medioevali di Etroubles e Saint-Rhemy sono innestati sulla via romana che dalla città di Aosta risaliva i versanti delle Alpi Pennine (Alpis Poenina), verso il Vallese ed il nord Europa.

Come un “picchetto” sul percorso, il campanile della chiesa parrocchiale domina questi caratteristici complessi architettonici, borghi di strada costruiti seguendo un asse principale di circolazione, alla confluenza di due torrenti e in corrispondenza dei ponti. Gli assi secondari portavano ai mulini e alle fucine.
Le abitazioni del borgo rivolgono le facciate, aperte su grandi portoni d’accesso, alla via principale; i portoni conducono verso cortili interni o ad un lungo corridoio, con gabbie di scale, che offre accesso coperto a tutti i piani delle grandi case di pietra, dotate, un tempo, di scuderie e fienili. La data di costruzione e le iniziali dei mastri costruttori sono incise sulle architravi o forgiate sui cancelli in ferro battuto.

In passato, questi agglomerati abitativi disponevano di franchigie, che attribuivano agli abitanti la funzione di “marronniers” (guide per il valico del colle del Gran San Bernardo, in inverno e in estate), accoglievano un ospizio, erano cinti da mura, sorvegliati da ronde di guardia e chiusi da porte durante le notti.

La Via Francigena, fino al medioevo unica grande via di raccordo tra Italia e Inghilterra, passa per Saint-Rhémy ed Étroubles; in effetti, è proprio la via centrale di questi borghi che, dal colle del Gran San Bernardo, veniva percorsa, a piedi, a cavallo o a dorso di mulo, per recarsi a Roma.

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Il ponte di Guillemore

Architettura  -  Fontainemore

Era anticamente il luogo in cui si congiungevano le due strade che risalivano la Valle del Lys, sulla destra e sulla sinistra orografica del torrente omonimo. Guillemore con la sua gola determinava il confine tra il “Mandement de Vallaise” e il “Mandement di Issime e Gressoney”. La denominazione di Guillemore è riportata con diverse varianti: Guymour - Guimor - Guymor - Gueymor.

Trattandosi appunto di un luogo strategico e fortemente caratterizzato dal punto di vista morfologico, si ritiene che una parte del toponimo sia quanto mai antico.

0125.832121

Il ponte storico di Fontainemore

Architettura  -  Fontainemore

Il ponte di Fontainemore, costruito in epoca medievale intorno al 1200, si trova accanto alla Chiesa parrocchiale e attraversa il torrente Lys con un’unica arcata della lunghezza di 22 metri.

0125/832121

Il villaggio di Farettaz a Fontainemore

Architettura  -  Fontainemore

Fontainemore può compiacersi d’essere uno dei più importanti focolai di emigrazione attiva (stagionale) legata all’edilizia. Da San Giuseppe a Santa Barbara, talvolta anche a Natale, gli uomini di questa comunità partivano per svolgere il proprio mestiere di mastri costruttori in Savoia, nel territorio del Ducato di Aosta e in grandi città, come Torino, Marsiglia, Lione, Grenoble e persino Parigi.

L’architettura delle abitazioni del loro comune d’origine incute rispetto. Tracce d’amore per il taglio preciso della pietra e quelle alte murature portanti di 4 o 5 piani sono sparse per più di cento casali sui versanti ripidi, coperti da castagni.

Farettaz è uno dei villaggi meglio conservati che si compone di diversi gruppi di case uniti da sentieri ben sistemati. Il più interessante è, senza alcun dubbio, quello da cui si erge il campanile della cappella dedicata a San Lorenzo. L’ingresso del sito è decorato da una bella fontana ricoperta da una volta in pietra; la vasca è alimentata da un lungo canale scavato nella roccia.

Strette le une alle altre, le case disegnano formazioni complesse, separate da passaggi coperti, terrazze, giardini e vicoli, che permettono di scoprire un’antica architettura di qualità, nel cui grembo si compenetrano spazi interni ed esterni in dimensione umana, pregna del “saper vivere” la montagna.
Il forno comunitario del villaggio è stato restaurato e viene ancora utilizzato in occasione di alcuni eventi durante i quali si impasta e si cuoce il pane nero di farina di segale.

Una nota interessante: nel territorio di Fontainemore, nel villaggio Pra dou Sas, è stato allestito un museo etnografico della media montagna.
Grazie alla collaborazione degli abitanti, questo piccolo museo comunale presenta al pubblico gli oggetti della vita quotidiana inseriti negli scenari di un’abitazione tradizionale.

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Casa forte Archiery

Architettura  -  Gignod

Posta lungo l’antica strada per il Gran San Bernardo, la casa forte è appartenuta all’antica famiglia Archiery che esercitò il dominio sul paese insieme alla famiglia De Gignio.

Questo edificio esiste almeno già dal 1409 ma probabilmente ha assunto l’aspetto attuale alla fine del Cinquecento, quando ormai era diventata di proprietà dei signori d’ Avise. Fu proprio Antonio d’ Avise che la fece restaurare nel 1596.

Degne di nota alcune finestre artisticamente lavorate.

Casaforte Caravex

Architettura  -  Gignod

Sita nella frazione omonima e recentemente restaurata, la struttura non  è aperta al pubblico ed è stata più volte adibita a sede espositiva.

Casa Capriata – Rifugio Mollino

Architettura  -  Gressoney-Saint-Jean

Nonostante il suo nome questo non è un rifugio alpino nonostante si trovi in montagna.

Inaugurata a dicembre 2014, Casa Capriata è una struttura originalissima, disposta su tre piani e sopraelevata da terra, una reinterpretazione in chiave moderna delle architetture Walser dell’alta valle di Gressoney, ideata dall’architetto torinese Carlo Mollino nel 1954, e portata a compimento a distanza di 60 anni grazie ad un gruppo di ricercatori del Politecnico di Torino.

Il progetto originario fu presentato dapprima nell’ambito del Concorso Vetroflex Domus (1951) e poi alla X^ Triennale di Milano (1954) come manifesto sull’innovazione tecnologica e la prefabbricazione edilizia; l’idea era quella di realizzare un edificio a basso consumo energetico, eliminando per esempio il fabbisogno di combustibile fossile, sperimentando materiali e tecniche costruttive innovative.

Nel 2006, un manipolo di ricercatori del Politecnico di Torino, dove Mollino si era laureato nel 1931, riprese il progetto consegnato alla storia da questo protagonista della cultura architettonica italiana con l’intento di evidenziarne il valore e l’attualità, analizzando diverse varianti della stessa idea progettuale e registrando la disponibilità di nuove soluzioni tecniche, alle quali la ricerca dell’architetto piemontese è sempre stata fortemente orientata.

Il Rifugio Mollino, come si è deciso di ribattezzare la Casa Capriata in onore del suo creatore, sorge a quota 2100 metri, nel comprensorio sciistico del Weissmatten, è raggiungibile a piedi, con gli sci o in seggiovia ed è attualmente adibito a bar/ristorante.

Questa architettura, immersa nella quiete del paesaggio alpino può essere ammirata secondo la visione ideale di Carlo Mollino che a proposito della sua produzione progettuale affermava: “Tengo per fermo che la migliore spiegazione della propria opera sia la silenziosa ostensione dell’opera medesima”.

Gli stadel, antiche costruzioni Walser

Architettura  -  Gressoney-Saint-Jean

La Valle del Lys, come altre valli alpine che circondano il Monte Rosa, è stata popolata, alla fine del Medio Evo, da genti di origine germanica, provenienti dall’Alto Vallese: i Walser. Questa popolazione, a partire dalla metà del XIII secolo, superò i valichi alpini come il colle Teodulo (3317 m.) e il Monte Moro (2984 m.) per creare delle piccole isole di insediamento stabile nelle testate delle valli che contornano da mezzogiorno a levante il massiccio del Monte Rosa. Molto legate alle proprie tradizioni e alla lingua “titsch”, le famiglie, specializzate nel commercio dei tessuti, sono emigrate in Europa per secoli, soprattutto nel Breisgau (zona di Friburgo) e nel nord della Svizzera, sempre conservando forti legami col paese natale: Gressoney.

Una traccia architettonica di tale diffusione è costituita dagli “stadel”, edifici rurali che poggiano su colonne a forma di fungo con il gambo in legno ed il cappello costituito da un grande disco di pietra (“musblatte” nel dialetto walser), che serviva ad isolare il fienile dall’umidità e dai roditori. Si tratta di grandi strutture di tronchi di larice squadrati e impilati, giuntati agli angoli con incastri a croce (mis-bois), edificate su una base in muratura che ospita la stalla, un tempo abitata in inverno, le cantine e soprattutto un corridoio con la scala che sale ai confortevoli alloggi e alle camere, completamente rivestite in legno. Gli stadel si posizionano sulle sponde del fiume Lys, al riparo dalle valanghe e formano piccoli villaggi d’origine familiare; le abitazioni fiancheggiano, qua e là, borghi di case o ville, costruite dai commercianti che hanno fatto fortuna nel XVIII e XIX secolo.

Numerosi sono i villaggi dove è possibile vedere tali antichi edifici:

Gressoney-La-Trinité:
- a sud del capoluogo di Gressoney-La-Trinité, un sentiero in dolce pendenza conduce, nel giro di un’ora, ai villaggi di Alpenzu. Collocati su una terrazza d’origine glaciale, sul grande sentiero Walser che porta in Val d’Ayas, oltre il Colle Pinter, i 2 borghi sono altrettanti esempi di architettura tradizionale ben conservata. Il percorso è panoramico: domina tutta la Valle del Lys e s’appoggia sul magico fondale dei ghiacciai del Rosa.

Gressoney-Saint-Jean:
- in località Noversch, diversi stadel, costruiti dalla famiglia Zumstein, sono strutturalmente esemplari;
- di particolare pregio sono anche gli stadel situati a Eckò, edificati nel XVII secolo dai Lischtgi;
- Greschmattò: vi si trova la più antica casa costruita nella zona pianeggiante di Gressoney-Saint-Jean, che porta la data del 1547, un tempo tribunale e prigione. Da notare “Groalémgsch hus” la casa del gabelliere (1626) e “Schribehus” la casa dello scrivano (1806)
- Tschalvrinò: vasta zona di boschi, baite, stadel e case di caccia dei baroni Beck Peccoz, raggiungibile con la nuova strada carrozzabile da Obre Biel. Al limite sud (a quota 1772) si trova uno dei più antichi villaggi walser. Proseguendo a piedi si incontrano ancora due stadel del 1547 e 1578 appoggiati sui caratteristici funghi.
- Loomattò: tipica frazione ai piedi del vallone di Loo con un gruppo di case del 1689, 1699, 1773
- Trebelsch Hus: nella zona di Tschòssil, un gruppo di tre case di cui una riporta sulla trave maestra la data del 1686. Vi si trova ancora il forno per il pane di singolare costruzione, addossato ad un masso che funge da sostegno
- Obre Chaschtal: antico nucleo composto da 7 fabbricati, tutti caratteristici, costruiti dal 1580 al 1710
- Perletoa: frazione un tempo autosufficiente, con antiche case datate 1663, 1692, 1697, 1702, 1707, 1714, 1729
- Drésal: gruppo di case in pietra e legno di cui la più antica porta la data del 1587 con attiguo piccolo fabbricato in pietra contenente il pozzo e il forno frazionale.

Nel territorio di Gaby ci sono ben 37 “granir”, meglio conosciuti come “stadel “. Anche nel territorio di Issime, nel vallone di San Grato, si possono ammirare numerosi stadel.


Audioguide mp3:

(+39) 0125356248
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Villa Margherita

Architettura  -  Gressoney-Saint-Jean

L’edificio fu costruito nel 1888 su progetto di ingegneri tedeschi per conto della nobile famiglia Beck Peccoz, che dal 1889 al 1896 ospitò a più riprese numerosi membri della famiglia reale, tra cui la più affezionata a Gressoney fu certamente la regina d’Italia Margherita di Savoia.
Il comune di Gressoney-Saint-Jean acquistò il complesso nel 1968, adibendolo a sede del municipio.
Il complesso comprende più fabbricati: la villa destinata all’abitazione colpisce immediatamente il visitatore per la ricchezza di guglie, frontoni, balaustre e poderose balconate di granito grigio. All’ingresso del cortile vi è la casa dei custodi, adibita a caserma dei carabinieri e sul lato nord un fabbricato lungo e basso, che ospitava le scuderie con le relative carrozze. A ridosso della villa, sull’angolo a nord est c’è una cupola in pietra che fungeva da ghiacciaia. L’insieme è circondato da un parco di 19.000 metri quadrati, in gran parte costituito da un bosco di larici ed abeti.

Elementi interessanti:

  • i due portoni principali, costruiti in massiccio legno di rovere e con inferriate forgiate artisticamente
  • l’atrio, pavimentato a mosaico di tipo Palladiano, permette di ammirare gli scaloni centrali di legno con ringhiere in ferro battuto sormontate da soffitti ricchi di modanature in noce e rovere
  • il corridoio del primo piano, arredato perimetralmente con specchi, cassapanche ed armadi incassati, ha un soffitto decorato con delicati motivi floreali dipinti ad olio
  • i saloni del primo piano sono i più belli e meglio conservati della villa: lo studio a sud est in particolare ha conservato integralmente l’arredamento ed i rivestimenti originali, compreso il prezioso tappeto persiano, di venticinque metri quadri dalle delicate tinte rosa e fucsia
  • le preziose stufe bavaresi in ceramica smaltata, tutte diverse per forme e colori, presenti in ogni stanza; si dice che per alimentarle fosse necessario un inserviente con questo unico compito e che il consumo di legname fosse di un metro cubo al giorno.

Alcuni spazi sono visibili su richiesta durante l’orario di apertura degli uffici comunali.

(+39) 0125.355192
info@comune.gressoneystjean.ao.it

Cascina "L'Ola"

Architettura  -  Introd

L’edificio accanto al castello di Introd, chiamato oggi “Cascina L’Ola” servì in passato come stalla e pagliaio dei Signori d’Introd. Più recente è la parte del vecchio stabile che è sostenuta da cinque grandi colonne e coperta da tetto aggettante. Di rilievo, sul lato Ovest, l’architrave di una porta, decorato da un motivo ad arco carenato.

Altra costruzione situata accanto al castello è poi il granaio, costruzione in pietra e legno sorta sulle fondamenta di un edificio precedente. Attraverso una piccola porta (molto interessante la serratura gotica che raffigura un castello medievale riccamente merlato), si accede alle due sale che si trovano nel sottosuolo. Queste sale sono fornite di feritoie oggi completamente interrate. Si racconta che nei secoli passati questo granaio fosse spesso teatro di furti di granaglie.

Les Combes d’Introd

Architettura  -  Introd

Se cerchi un luogo dove rigenerare corpo e mente, lontano dal caos, Les Combes è la destinazione perfetta. Qui, storia, natura e spiritualità si intrecciano regalando momenti di pura meraviglia.

Il villaggio di Les Combes sovrasta il comune di Arvier, ma fa parte del comune di Introd.
Sorge in una radura in dolce pendenza, dedicata all’agropastoralismo, al grano e ai fieni ed è attraversato dall’itinerario escursionistico Cammino Balteo.

Un borgo ricco di storia e tradizione

L’architettura tradizionale è un vero viaggio nel tempo. Caratterizzata dall’uso della  pietra, conserva grandi abitazioni la cui evoluzione si dispiega dal Basso Medioevo al XIX secolo. Diverse costruzioni massicce del XV secolo, sempre in pietra, sono conservate al centro del villaggio, e sono affiancate, qua e là, da un granaio in legno.

Alcuni edifici rurali esibiscono gronde sostenute da colonne circolari di pietra. Tali colonne, simbolo del potere, testimoniano che in queste dimore dall’aspetto rurale visse un giudice, un castellano o un notaio. Furono innalzate da mastri costruttori esperti, provenienti soprattutto dalla valle del Lys, da Gaby e da Issime, culle native degli emigranti stagionali, specialisti nel lavorare la pietra, che operarono tra il XVI e il XIX secolo.

Le colonne circolari sono una caratteristica architettonica da mettere in relazione con il prestigio del podere signorile del Castello di Introd, L’Ola, che si trova nel capoluogo di Introd. L’aspetto possente della cascina L'Ola ha influenzato i mastri costruttori che hanno edificato le abitazioni rurali nei paesi vicini, nella valle di Rhêmes e, sporadicamente, le case dei notabili dell’intera Valle d’Aosta e della vicinissima Tarantasia savoiarda.

Non lontano da Les Combes, nel villaggio di Villes-dessus di Introd, sorge la maison Bruil. È un edificio eccezionale, appartenuto dal XVII al XX secolo alle famiglie Buillet et Bruil. Adattamenti successivi, ne hanno fatto una grande abitazione multi-funzionale, con una corte interna coperta, che fiancheggia la facciata a tre colonne circolari del 1680, oggi inglobate all’interno della struttura del 1856. L’edificio ospita un museo etnografico sull’alimentazione in montagna.

Un luogo di ritiro e meditazione

Dal 1989 al 2004, il Papa Giovanni Paolo II scelse Les Combes come rifugio estivo, alternando escursioni nei dintorni a momenti di preghiera e meditazione. In suo onore, il Consiglio Comunale di Introd ha ribattezzato "Le Plan-du-Saint-Père" il luogo dove si svolgevano gli Angelus, nei pressi della colonia salesiana.
La Cappella di San Lorenzo, oggi Santuario dedicato a San Giovanni Paolo II, custodisce una preziosa reliquia del Pontefice: una ciocca di capelli. 

Anche Papa Benedetto XVI trovò in questo angolo di mondo il rifugio ideale per la preghiera e la lettura, soggiornandovi nel 2005 e nel 2006.

Il vallone di San Grato

Architettura  -  Issime

Piccolo centro della media valle del Lys, Issime, proprio come Gressoney, fu popolato nel Basso Medioevo da popolazioni germaniche denominate Walser, per richiamare la loro origine Vallese. Nel XIV secolo, il territorio era diviso in tre aree:

  • Issime Plaine o Issime Saint Jacques (l’odierno capoluogo insieme al Vallone di Tourrison)
  • Tiers dessus o Issime Saint Michel (l’attuale comune di Gaby)
  • la Montagne, che includeva i valloni di Bourinne e San Grato.

Quest’ultimo, incoronato da vette che raggiungono i 3000 metri, è un insediamento caratterizzato dalla presenza di case un tempo abitate in modo permanente e che appaiono di una diversità sorprendente. Le più antiche, risalenti al XV secolo, sono di legno e richiamano alcune abitazioni dei Grigioni, mentre gli stoadla o stadel di legno del XVI e XVII secolo sono comparabili a quelli di Alagna Valsesia e di Gressoney. In seguito, s’impone un’altra morfologia architetturale: la casa viene costruita interamente in pietra.
In effetti, gli Issimesi sono, per tradizione, mastri costruttori riconosciuti. Le loro migrazioni stagionali li hanno condotti nei circondari della Savoia, del Delfinato e nelle grandi città ai piedi delle Alpi. Quest’attività ha segnato l’ evoluzione dell’architettura locale. L’assenza progressiva di legno da costruzione e la loro specializzazione ha portato gli Issimesi ad erigere grandi costruzioni polivalenti in muratura, anche ad altitudini elevate. Da parecchi secoli peraltro, la parte superiore del vallone di San Grato viene sfruttata per i suoi pascoli estivi.

Un percorso ad anello attraversa il vallone e consente di osservarne il patrimonio, partendo dalla cappella di San Grato fino a raggiungere quella di Mühni, dedicata a Nostra Signora delle Nevi, a 2000 metri di altitudine. Su questo altopiano, si trova inoltre l’eccezionale alpeggio di Stein, costruito ai piedi di una frana tra due enormi massi che lo proteggono dalle valanghe e ne plasmano la struttura.
La discesa lungo il vallone, in dolce pendenza, passa per Vlüeckji e per una serie d’interessanti alpeggi.

Scopri altri villaggi in cui trovare esempi di architettura tradizionale!

I forni di La Magdeleine

Architettura  -  La Magdeleine

In tre delle cinque frazioni di La Magdeleine esistono dei forni il cui utilizzo, previo il rispetto di alcune semplici regole, è pubblico in quanto la loro proprietà è comunale.

A Messelod il forno si trova sulla strada poco prima della Cappella di S. Rocco. La costruzione fa praticamente corpo unico con un bel rascard recentemente restaurato e mantiene l’aspetto degli antichi forni valdostani grazie ad un sapiente ripristino. La “bocca” ha forma triangolare ed è stata realizzata utilizzando una pietra per ciascun lato del triangolo; sul pavimento, direttamente sotto alla bocca è stato ricavato l’alloggiamento per ricevere le braci. Su di una pietra è incisa la data del 1889.

Risalendo verso i villaggi superiori, troviamo nel centro di Vieu una costruzione in pietra a due piani: il forno è stato oggetto di un moderno restauro che ha reso più funzionale e comodo il suo utilizzo.
A piano terra si trova il forno vero e proprio, mentre una scala in ferro e legno conduce al piano superiore, dove è stato ricavato il locale per l’impastatura e la lievitazione del pane.

Un altro forno, oggetto di un recente restauro, si trova nella frazione Artaz nei pressi della rustica fontana che, salendo dagli altri villaggi, si incontra sulla sinistra.
Anche in questo forno, così come per quello di Messelod, non esiste alcun luogo annesso per l’impastatura e la lievitazione del pane.

Un tempo, proprio per le caratteristiche di autosufficienza che contraddistinguevano la vita di una piccola comunità come quella che viveva a La Magdeleine, in ciascuno dei cinque villaggi esistevano certamente uno o più forni, sia di proprietà privata che collettiva. Era poi tradizione che ciascuna famiglia cuocesse il pane necessario per un intero anno in una sola occasione, iniziando dai primi giorni del mese di dicembre. Il pane veniva quindi conservato su rastrelliere di legno dette “ratélé” e spezzato solo al momento dell’utilizzo con un attrezzo apposito: il “copapan”.
Il venir meno di quella tradizione ed il trascorrere del tempo hanno ridotto notevolmente il numero dei forni. Quelli ancora funzionanti presentano varie dimensioni, ma comuni caratteristiche costruttive. In particolare si può notare come la zona davanti al forno garantisca un buon riparo da eventuale pioggia o neve.
Sempre molto ampio è lo spazio per raccogliere le ceneri, infatti queste ultime non venivano buttate ma utilizzate per “fae bouya”: il bucato casalingo.

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I mulini di La Magdeleine

Architettura  -  La Magdeleine

I mulini di La Magdeleine conservano ancora oggi un grande fascino, memore dei tempi antichi, quando il mulino era il fulcro della civiltà contadina.

Nelle frazioni di Brengon, Clou e Messelod, allineati rispetto ad un piccolo corso d’acqua che trae origine da alcune sorgenti sotto le pendici del Monte Tantané, si trovano ben otto mulini ad acqua; di essi, sette sono stati ristrutturati e tre, come certamente fecero per tanti e tanti anni, sono ora in grado di macinare i cereali che un tempo venivano coltivati sulle assolate pendici dei dossi che circondavano il paese.

Le origini di queste costruzioni si perdono nei secoli e sono certamente assai antiche, come lo furono i primi insediamenti umani nei luoghi dell’attuale comune di La Magdeleine.

L’importanza dei mulini nell’economia rurale delle epoche passate è confermata anche dal fatto che frequentemente, con la proprietà di un campo o di una porzione di terreno, veniva altresì trasferito il diritto ad utilizzare un determinato mulino per un tempo prestabilito.

La singolarità dei mulini consiste anche nel fatto che essi sono disposti “in catena”, allo scopo di sfruttare la poca acqua disponibile; questo fatto ha evidentemente condizionato anche la “tecnologia” utilizzata: si tratta di mulini a ruota idraulica orizzontale, in presa diretta, cioè senza l’utilizzo di ingranaggi o meccanismi, rispetto alle macine.

Inoltre, proprio al fine di utilizzare l’acqua nel modo più razionale possibile, era indispensabile che l’attività si svolgesse in modo quasi contemporaneo in ciascuno degli otto mulini: seguendo questa impostazione, il risultato era praticamente quello di moltiplicare per otto la capacità lavorativa dell’acqua. Furono allora messi a punto dei precisi “regolamenti di utilizzo dei mulini”, in cui si stabilivano tanto le modalità e le tempistiche di funzionamento, quanto i diritti di uso di ciascun partecipante o proprietario.

Secondo la consuetudine, anche i mulini di La Magdeleine avevano dei nomi, che derivano dalla loro localizzazione, dai proprietari, oppure della famiglia che li aveva costruiti. Partendo dal mulino che si trova in posizione più elevata, i nomi che sono stati ritrovati grazie ai ricordi degli anziani del paese, sono i seguenti: moulin hatu, moulin d’Arfonse, moulin di Tonne, moulin di Chioset, moulin de la Place, moulin di Mule e moulin di Messelou.

Durante l'estate sono aperti i primi tre mulini da scoprire con visite libere. Per gruppi e scolaresche è possibile organizzare delle visite guidate contattando le guide turistiche valdostane abilitate inserite negli elenchi regionali

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Architettura tradizionale a La Salle - Maison Gerbollier

Architettura  -  La Salle

Il municipio (maison communale) è il punto di partenza di un breve percorso che conduce alla scoperta di alcuni punti forti dell’architettura locale.

Restaurata in maniera esemplare dall’Ingegner Jaccod, la maison Gerbollier oggi ospita il centro amministrativo di La Salle.
Si tratta di un antico casale nobiliare, casaforte della famiglia Viard, composta da diversi corpi edificati che circondano una corte interna, alla quale è possibile accedere da sud, attraverso un magnifico portale in pietra tagliata.
Alcuni profili di porte e finestre, nell’antico corpo dell’abitazione, hanno forme che richiamano gli splendori dell’edificio del XVI secolo, mentre, per converso, le travi degli edifici del casale mostrano come il complesso rurale abbia conosciuto forti trasformazioni attorno al 1713 ed al 1819.

Seguendo la strada verso est, si sale al villaggio di Ecours. Sulla piazza, la cappella è abbellita da affreschi rappresentanti la Visitazione della Vergine e un grande Saint-Christophe (S. Cristoforo); affiancata da un fontana, è compresa tra una serie di antiche abitazioni rurali, fortemente raggruppate le une contro le altre, ed il corpo possente della torre quadrata medioevale, costruita dai nobili De Curiis che hanno dato il proprio nome al villaggio. La torre è il cuore di una grande fattoria tuttora attiva.

Nel vallone a monte di Ecours, un mulino sfruttava un tempo le acque del “ru” (canale irriguo) di Moyes, accessibile attraverso un passaggio ombreggiato a partire da Prarion, in direzione di Moyes.

Villaggio Fenêtre a La Salle

Architettura  -  La Salle

Il recupero dell’intero villaggio di Fenêtre a La Salle (2000) rappresenta una singolare proposta architettonica, basata sulla reinterpretazione e rifacimento dell’architettura rurale con la creazione di imprevedibili spazi comuni.

Risultano essere di particolare interesse le grandi aperture panoramiche che svuotano le murature in pietra; le balconate di differente disegno; la ricostruzione ispirata al medioevo degli stipiti e dei voltini; il manto di copertura in lose a disegno fortemente irregolare.

Mulino di Arlaz

Architettura  -  Montjovet

L’immobile fu edificato da privati probabilmente nei primi anni del 1800 per essere utilizzato dagli abitanti dei villaggi limitrofi.
Il luogo, che si credeva stregato, ha anche ispirato un’antica leggenda.

Dopo anni di abbandono, il mulino è stato restaurato. Nell’angolo del fabbricato, appoggiata al muro, una macina della quale a suo tempo uno scalpellino aveva iniziato la lavorazione.

Gran parte delle strutture lignee mobili che permettevano al mulino di funzionare nel corso degli anni sono state trafugate. All’interno del fabbricato, in posizione simile a quella originaria, solamente una grande macina in pietra con il suo albero ligneo che risultava fortunatamente ancora recuperabile.

Il fabbricato testimonia il suo passato di vita e cultura contadina attraverso alcune iniziative di interesse turistico che ne consentono la visita.

Stazione ferroviaria di Morgex

Architettura  -  Morgex

Una singolare e unica situazione architettonica è rappresentata dagli impianti della linea ferroviaria Aosta / Pré-Saint-Didier, completata nel 1929 con 8 stazioni e 23 caselli. Questa tratta ferroviaria era nata per trasportare ad Aosta il carbone che dalle miniere di La Thuile con una teleferica scendeva a Morgex. Da questa località la ferrovia fu prolungata sino a Pré-Saint-Didier nella prospettiva, mai realizzata, di raggiungere Courmayeur.

La stazione ferroviaria di Morgex è la migliore espressione di questa architettura. La scelta dei particolari, dalle finestre crociate ai camini, dai rivestimenti lignei pitturati in rosso-bruno alla massiccia muratura in pietra ed alle complesse mensole lignee si inscrive in un contesto apparentemente semplice. Il volume prismatico di base si articola, verso la ferrovia, in un corpo avanzato sostenuto da cinque pilastri cilindrici leggermente rastremati, e, sul lato opposto, in due leggeri avancorpi in pietra su sfondo ligneo. A questa articolazione planimetrica fa riscontro una simile articolazione altimetrica, con ampi portici al piano terreno, per creare adeguati spazi coperti.

Le altre stazioni della linea ferroviaria Aosta / Pré-Saint-Didier sono caratterizzate da grandi pilastri cilindrici, lunghe travi di sostegno con robuste sovrastrutture lignee e rivestimenti in legno che rappresentano una ben riuscita ricerca di adattamento al contesto, riprendendo forme della storica cascina l’Ola di Introd. Più che espressione di una cultura ed una tecnologia estranee, i nuovi fabbricati, riferendosi a vicini esempi architettonici anche se di carattere rurale, volevano esprimere un più stretto legame con il territorio e la cultura locali. Nel complesso si tratta di un interessante “sistema” di fabbricati, nati per assolvere medesime funzioni, aventi tipologie architettoniche omogenee.

> Ferrovia Aosta - Pré-Saint-Didier (Audioguida)